Gli antenati avrebbero poco a che fare con la longevità: addirittura meno del 10%. Lo afferma un nuovo studio americano. A influenzare la capacità di vivere a lungo, fino a cent’anni e passa in buona salute, sarebbe invece una combinazione di più fattori, dove lo straordinario irripetibile intreccio genetico dell’individuo (non necessariamente riconducibile alle doti dei genitori) fa la sua parte, ma deve poi interagire con un mix di stili di vita, ambiente naturale, dieta, movimento, socialità e qualità dell’assistenza sanitaria per favorire una nuova leva di centenari, con buona pace della gerontologia e geriatria, la disciplina che studia i fenomeni dell’invecchiamento attivo in buona salute.

Le conclusioni vengono dal più ampio database che ha analizzato l’influenza della genetica in termini di durata di vita: dai dati relativi a 439 milioni di cartelle cliniche, una joint-venture tra gli esperti di statistica di Ancestry e di Calico Life Sciences (azienda creata da Google) ha ricostruito alberi genealogici, caratteristiche degli antenati, luoghi e parentele. I risultati indicano quindi che la longevità risulta a livello generale collegata al patrimonio genetico comune per meno del 10%. Se si includono i dati anche dei parenti non-consanguinei, l’influenza del Dna in comune scende addirittura al 7%. Al contrario, la durata delle vita media appare più simile tra sposi che vivono insieme una vita, e tra cognati, come dire che un buon matrimonio può allungare la vita anche di molto.

Un dato sorprendente che secondo gli autori del rapporto, potrebbe dipendere dai cosiddetti accoppiamenti selettivi, la tendenza tra fratelli e sorelle a selezionare partner con caratteristiche simili in termini di etnia, predilezioni, cultura, abitudini di vita. Il rapporto pubblicato su Genetics spiega nel dettaglio che l’influenza dei geni in comune appare più marcata solo tra fratelli, sorelle e cugini di primo grado e dello stesso sesso: in questi casi il Dna comune può influire per il 20% sulla durata della vita. Ma questa influenza scende al 15% tra fratelli, sorelle e cugini di primo grado di sesso opposto.

Alessandro Malpelo

QN Salute Benessere