Quattro centri clinici si mettono in rete in Italia (in Abruzzo, Calabria, Puglia, Sicilia) per affrontare insieme le malattie rare e per dare un nome a 30 patologie che costituiscono tuttora un’incognita. Il progetto Undiagnosed Diseases Network (UDN) SUD illustrato all’Istituto Superiore di Sanità (ISS) prende il via con il supporto incondizionato di Farmindustria, allo scopo di ampliare la casistica e dare una certezza nelle risposte. L’obiettivo è quello di caratterizzare in un anno, da un punto di vista biologico-molecolare, trenta nuovi casi clinici con fenotipi unici nel loro genere.

«Questa indagine è molto importante poiché va ad aggiungere al nostro database di oltre settanta casi lo studio di altri trenta fenotipi inerenti una casistica difficile – ha spiegato Domenica Taruscio, direttore del Centro Nazionale Malattie Rare – abbiamo già iniziato la caratterizzazione e speriamo, come accaduto con un precedente progetto, di riuscire a caratterizzare la patologia anche da un punto di vista genetico molecolare, contribuendo a dare una diagnosi e arricchire il nostro network internazionale che abbiamo contribuito a fondare».

La maggior parte delle malattie rare non diagnosticate è di origine genetica, un ulteriore 20% ha una probabile origine multifattoriale. Pochissimi gli studi disponibili soprattutto se ci si riferisce proprio all’interazione geni-ambiente. «Sull’identificazione genetica di molte patologie – ha scritto Marco Salvatore, direttore della Struttura di missione temporanea dell’ISS dedicata alle malattie rare senza diagnosi – si gioca molto del futuro della ricerca nel campo della biologia molecolare».

«Questa nostra iniziativa – commenta da parte sua Massimo Scaccabarozzi, presidente Farmindustria – punta a dare sostegno al malato, senza limitarsi solo alla scoperta e relativo sviluppo di nuove molecole. Le imprese del farmaco vogliono continuare a impegnarsi su questo fronte, come hanno fatto finora. Negli Usa, ad esempio, quasi il 60% dei farmaci approvati l’anno scorso sono per malattie rare: 34 su 59 di cui molti first-in-class, cioè capostipiti di nuove terapie. In Europa sono state oltre 2.100 le designazioni di farmaci orfani dal 2000 a oggi. E in Italia è aumentato negli ultimi anni dal 10% al 25,5% il peso degli studi clinici – nel complesso oltre 140 – sulle malattie rare. La stella polare della ricerca farmaceutica – conclude Scaccabarozzi – resta il paziente. Tanto più quando si tratta di piccoli malati, come nel caso delle patologie rare».

Alessandro Malpelo

QN Salute Benessere