La pandemia da Covid-19 ha svelato i limiti attuali del servizio sanitario, mostrando come la contrazione delle risorse influenza la capacità di risposta del sistema salute. Parlando di malattie del sangue, gli effetti delle cure dimagranti ai bilanci si sono visti, proprio nel momento in cui si aprono prospettive senza precedenti nelle opportunità di cura di leucemie, linfomi, mieloma e altre forme di cancro dell’apparato emolinfopoietico. I progressi della medicina di precisione, farmaci a bersaglio molecolare, immunologia, terapia genica e terapie cellulari, hanno prodotto miglioramenti anche in termini di qualità di vita delle persone che soffrono di tumori del sangue e del midollo.

Da mesi a causa del nuovo Coronavirus la relazione medico-paziente viene portata avanti spesso attraverso la modalità a distanza, in modo da assicurare ugualmente una continuità nella presa in carico, e favorire l’aderenza terapeutica. “Nei momenti di confronto discutiamo insieme le fasi di cura, le ricadute, la prognosi, la possibilità di ricorrere a successive linee di terapie standard o sperimentali, le terapie palliative e di supporto”, ha spiegato Mario Luppi, direttore dell’Ematologia nell’Azienda ospedaliero-universitaria Policlinico di Modena, Past President della Società Italiana di Ematologia Sperimentale, ospite di un evento sull’innovazione in oncoematologia nella regione Emilia Romagna, webinar promosso da Motore Sanità.

Tra le novità nel mieloma, una svolta nel trattamento dei pazienti refrattari ai protocolli convenzionali viene dagli studi sull’ antigene di maturazione dei linfociti che producono anticorpi (BCMA) recettore che si è rivelato un bersaglio utile ai fini della target therapy, aprendo la strada a farmaci come belantamab, somministrabile a gruppi di pazienti selezionati. Parliamo di centinaia di persone che sono state pretrattate, ovvero già sottoposte a terapie che hanno progressivamente perso la loro efficacia, e per le quali i medici cercano valide alternative, che adesso sono disponibili.

La speranza di cronicizzare il cancro, quando risulta difficile far sparire completamente il 100% delle cellule neoplastiche, deve fare i conti tuttavia con la sostenibilità dei sistemi sanitari. “In questa ottica è necessario che i professionisti nei centri oncologici ematologici facciano parte di una rete integrata costituita da supporti (informatizzazione) condividendo raccomandazioni, linee guida e attività di ricerca clinica”, ha aggiunto da parte sua Giuseppe Longo, direttore della Medicina Oncologica nell’Azienda Policlinico di Modena, coordinatore clinico del Gruppo regionale farmaci oncologici dell’Emilia-Romagna.

Nel mieloma le lancette dell’orologio si spostano sempre più avanti, l’età mediana alla diagnosi è di 68 anni. Le cause della malattia sono tuttora di fatto sconosciute, si presume possano giocare un ruolo, tra le concause, fattori ambientali quali l’esposizione diretta alle radiazioni ionizzanti, sostanze chimiche come benzene, pesticidi. Anche le infezioni di tipo cronico possono influenzare la genesi della malattia. Infine, è possibile che esista un fattore ereditario, una predisposizione genetica che caratterizza componenti di una stessa famiglia.

C’è ancora tanto da scoprire in ambito oncologia ematologia. Mentre la ricerca sul cancro va avanti occorre sempre tutelare il malato in trattamento, come ci ricorda Sabrina Nardi, responsabile nazionale AIL Pazienti, il programma che l’Associazione italiana leucemie, linfomi e mieloma, attraverso il volontariato, offre come supporto alle famiglie per sostenere questa battaglia.

Alessandro Malpelo

QN Quotidiano Nazionale

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