Gli anticorpi monoclonali già disponibili contro il Covid-19 sono il complemento ideale alla vaccinazione nei soggetti infetti con elevato rischio di progressione verso la malattia grave. Queste le conclusioni scaturite dall’ analisi dei dati dei ricoveri e dei decessi per Covid-19 registrati dopo l’immissione in commercio degli anticorpi monoclonali, già approvati dall’AIFA e quindi pronti all’impiego. L’indagine è stata condotta da un gruppo di ricerca del Policlinico Federico II di Napoli, in collaborazione con la Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA).

Attraverso l’elaborazione dei dati è possibile quantificare i potenziali benefici derivabili da un ampio utilizzo, in maniera complementare ai vaccini, del trattamento precoce con anticorpi monoclonali negli anziani, che rappresentano la categoria più a rischio.

“Dal 2 aprile 2021 (giorno dell’approvazione degli anticorpi monoclonali) fino al 5 agosto scorso, sono stati registrati in Italia 772.502 casi ufficiali di infezione da SARS-COV-2, con una incidenza varabile da 110.594 a 5.099 casi a settimana”, ha precisato Prisco Piscitelli, medico epidemiologo vicepresidente SIMA. “Di questi, circa il 10% ovvero 70.022 casi di positività riguardavano persone dai settant`anni in su, il cui peso aumentava guardando ai ricoveri ospedalieri (21.503 su 57.740) ma ancor più in termini di decessi: ben 9.963 morti erano negli over 70 sui 18.442 totali registrati nei 5 mesi dello studio”.

Ivan Gentile, direttore Malattie Infettive del Policlinico Federico II, nonché coordinatore dello studio, ha appurato da parte sua che gli anticorpi monoclonali contro il virus SARS-COV-2 sono il complemento ideale alla vaccinazione nei soggetti infetti ad alto rischio di progressione verso la malattia grave. Nei primi cinque mesi dall’immissione in commercio, tuttavia, sono stati prescritti solo a 6.322 pazienti, vale a dire solo al 9% dei 70mila positivi ultrasettantenni ammalatisi da aprile ad agosto scorso. Ma c’è di più, aggiunge Gentile: “Utilizzando i dati di efficacia forniti dagli studi clinici, possiamo stimare che l’utilizzo precoce degli anticorpi monoclonali nei pazienti a rischio comporta a una netta riduzione dei ricoveri ospedalieri e dei decessi”.

Secondo i calcoli degli specialisti, se almeno una parte dei 70mila ultrasettantenni che hanno contratto il coronavirus nei 5 mesi dello studio fossero stati trattati, si sarebbero evitati da 7666 a 13798 ricoveri e da 3507 fino a 6313 decessi, (in caso di terapia somministrata rispettivamente al 50% o al 90% dei settantenni positivi) con un risparmio per il Servizio sanitario nazionale stimabile tra 138 e 250 milioni di euro per la riduzione delle ospedalizzazioni, al netto del costo dei farmaci e senza contare il valore attribuibile alle vite umane salvate.

“Il vaccino rimane la risorsa chiave nella lotta al Covid-19 – commenta Alessandro Miani, presidente SIMA – ma chi si ammala va curato in maniera ottimale utilizzando tutte le armi disponibili. La nostra ricerca dimostra che gli anticorpi monoclonali sono uno strumento formidabile nella lotta al COVID ad integrazione delle vaccinazioni: vanno somministrati nei primi giorni dall’infezione perché il COVID-19 può cominciare con sintomi non severi ed essere sottovalutato, ma se si innesca la cascata infiammatoria può essere tardi”.

“La proposta che inviamo al Ministero della Salute – conclude il presidente SIMA – è quella di far compilare una breve check list a tutti i soggetti che eseguono il tampone in aggiunta ai dati anagrafici che già vengono raccolti: basterebbe aggiungere agli attuali formulari una casella con le patologie che rendono il soggetto eleggibile al trattamento (diabete, cardiopatia, broncopneumopatia, immunodepressione, grave obesità) e in caso di positività avviare in maniera sistematica questi pazienti a terapia con anticorpi monoclonali presso i centri autorizzati alla somministrazione”.