L’olio extravergine d’oliva ha un contenuto in polifenoli tale da poter essere impiegato utilmente, e in maniera sicura, nella battaglia contro l’Alzheimer. Uno studio promosso da Airalzh Onlus a Firenze accende i riflettori su molecole somministrabili per via alimentare, impiegate a livello sperimentale nell’ottica di prevenire la formazione di amiloide, proteine che si accumulano nel cervello in corso di malattia di Alzheimer. In questo senso uno studio della dottoressa Manuela Leri, ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche “Mario Serio” dell’Università degli Studi di Firenze, si è focalizzato prevalentemente sulla ricerca delle basi molecolari dei principali composti fenolici dell’olio extra vergine di oliva, l’oleuropeina aglicone (OleA) e il suo metabolita, il 3,4-diidrossifeniletanolo (idrossitirosolo, HT), prodotti in grado di interferire sulle tappe metaboliche che accompagnano le alterazioni che caratterizzano tale patologia, contraddistinta da perdita progressiva di memoria e, nelle forme più gravi, con perdita di autonomia.

Tra le possibilità che abbiamo di influenzare la comparsa e il decorso della malattia di Alzheimer, un inconveniente per il quale a oggi non esistono ancora farmaci risolutivi, figura l’alimentazione. Questa è una risorsa che potrebbe riservarci qualche bella sorpresa, ha scritto la dottoressa Leri, ricercatrice inserita nella rete Airalzh Onlus già da tre anni. Tra i fattori legati agli stili di vita che possono agire in qualche modo in senso protettivo, e ritardare eventualmente la progressione verso la demenza, è compresa la dieta mediterranea, caratterizzata dalla prevalenza di apporto calorico dai vegetali e dal consumo di olio di oliva extravergine. Le proprietà dell’olio sono oggetto di studi sperimentali su colture cellulari e su modelli animali. Grazie ai polifenoli auspicabilmente si può controllare e limitare il formarsi nel cervello dei depositi caratteristici che si manifestano nel deterioramento mentale, le cosiddette placche, ammassi di sostanze che si formano per incompleto metabolismo di costituenti proteici del cervello.

“I risultati ottenuti dallo studio, tramite tecniche in vitro”, spiega ancora la dottoressa Leri, “hanno dimostrato che OleA interferisce col processo di aggregazione di un peptide (Aβ1-42) dando origine a composti innocui, incapaci di legarsi alle membrane cellulari. Tali effetti risultano più evidenti in presenza di idrossitirosolo, principale polifenolo che si ritrova in circolo, anche a livello dei neuroni, in seguito ad assunzione di olio extra vergine di oliva. L’idrossitirosolo è in grado di accelerare il processo di aggregazione di Aβ1-42, riducendo la presenza di metaboliti aggregati tossici, trasformati in strutture fibrillari”.

I risultati raggiunti dopo due anni di esperimenti dovranno essere approfonditi ma evidenziano già il potenziale di questi polifenoli nella prospettiva di ottimizzarne l’impiego. La Onlus di cui parliamo (www.airalzh.it) promuove e sostiene, a livello nazionale, la ricerca sulla malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza attraverso opere di sensibilizzazione e raccolta fondi. L’obiettivo principale di Airalzh è quello di migliorare la qualità della vita, innalzare i livelli di cura disponibili, contribuire alla scoperta di nuove terapie.

Alessandro Malpelo

QN Quotidiano Nazionale

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