È fatta, pensavo ingenuamente. Ho trovato i migliori romanzi dell’anno e posso quindi rilassarmi, riflettevo, felice, rimettendo a posto una delle mie librerie e centellinando una coppa di champagne (preso in offerta in un hard discount, sia chiaro…). I titoli? Presto detto: «La versione di Fenoglio» di Carofiglio e «Il cinese» di Cotti. Puntuale, la smentita. Avevo comprato, con una qual certa sufficienza (della serie: «Vabbè, accattiamoci queste pagine»), «Omicidio al Tour de France» di Jorge Zepeda Patterson, sudamericano, classe 1952, tra i più letti non solo nelle sue magnifiche terre. Per farla breve, se no divento noioso: ho divorato letteralmente questo romanzo giallo edito da Piemme e ve ne suggerisco la lettura (il costo è di 18,50 euro). Bello, davvero. Se poi amate la Francia e non disprezzate il Tour, lo considererete ancor più che un bel libro.

La prima nota riguarda il contesto. Un contesto, ovviamente, tutto e squisitamente francese. Reso alla perfezione. Dite la verità. Chi guarda il Tour si appassiona solo alle bici in corsa, al gioco di squadra, alla maglia gialla, al pavé e via dicendo? No. Si resta rapiti dal paesaggio – che cosa c’è di più bello della campagna transalpina? –, si osservano le case lungo la strada; tutti quei matti simpaticissimi in ciabatte o scalzi che agitano le bandiere dei loro paesi ai bordi del percorso; il servizio d’ordine che cerca di fare del suo meglio; i visi allungati e sofferenti dei corridori. Tutte piccole emozioni che alimentano non dico la felicità, ma, quantomeno, il buonumore. Insomma, vorresti essere lì tra il sole e la pioggia, tra le nebbiolina delle montagne e il caldo delle salite. Oppure, supremo finale, aspettare l’arrivo degli atleti a Parigi.

Secondo punto. Il romanzo è un giallo con tutti i crismi. C’è un gregario amico del campionissimo. Simpatico, modesto come tutti i gregari, ma perfettamente cosciente che, con un po’ più di coraggio e autostima, forse avrebbe potuto diventare un leader come e più del campionissimo per cui fatica. A un certo punto cominciano le strane cose tra incidenti, boicottaggi, addirittura un morto (finto suicidio). Il gregario, Marc, colombiano con una storia triste alle spalle (la mamma, di Medellin, lo ha praticamente abbandonato e lui ha vissuto in Francia con un ottuso padre militare: non proprio il massimo) ha un passato nella polizia. Conosce alla perfezione il mondo del ciclismo e quindi può aiutare il commissario che conduce le indagini, un commissario non simpaticissimo e non particolarmente brillante. Tutta la carovana del Tour viene sospettata. Non posso rivelarvi altro, sarebbe un… delitto.

Terzo elemento, la trama. In realtà, è il punto meno forte del giallo. Si susseguono avvenimenti, colpi di scena, ma la forza di Patterson sta nella descrizione dei personaggi. Dal campionissimo statunitense Steve a Marc, a Lombard, mentore di Marc, figura eccezionale, a tutta la carovana del Tour. Qui si impone una riflessione: o l’Autore è un maniaco del ciclismo ed è stato un atleta oppure ha fatti studi matti e disperatissimi sul ciclismo. A me pare – ma la mia esperienza professionale con le bici risale ormai a più di due decenni fa… – che non ci sia nemmeno un errore. Le paure, le speranze, i tic di questo sport vengono descritte, vivisezionate con grande maestria.

Tra i personaggi più riusciti, vi è certamente Fiona, fidanzata di Marc: sensuale, forte, dolce, di un’intelligenza fuori dal comune, capace di scelte improvvise (e decisive) per amore.
Infine, ci sono tanti protagonisti eppure non troppi. Il che è un merito dello scrittore da sottolineare: si è preso una bella responsabilità. Il rischio di creare caos nella mente del lettore diventa altissimo se c’è troppa gente.

Permettete un finalino di elogi anche alla casa editrice, la Piemme, e alle traduttrici Carlotta Turrini e Elena Vinciarelli: davvero brave. E qui «mi cheto», per usare un fiorentinismo. Non senza avvertirvi: il finale è spiazzante, ma il paesaggio è pennellato così bene che ti vien voglia di andare a vedere il Tour dal vivo. Magari senza un assassino – ma sarà giusto definirlo così? – che ti sta alle calcagna…

Francesco Ghidetti