Allora, diciamolo con estrema franchezza. Quando il recensore, anche il più esperto o comunque non di primissimo pelo (piccola notazione autobiografica), si trova di fonte a un ‘gigante’ delle patrie lettere, trema (metaforicamente) un po’. E non perché il personaggio è “potente”: sul concetto di potenza in letteratura ci sarebbe da discutere a lungo. Ma soprattutto perché il rischio di rimanere delusi è alto. Specie se il personaggio in questione è Giancarlo De Cataldo, già magistrato di chiara fama, da anni scrittore fra i più noti e venduti, legato indissolubilmente a quel capolavoro che va sotto il nome di “Romanzo criminale”, la saga che consacrò la storia di una holding politico-criminale, la Banda della Magliana. Ancora oggi, specie sulle cronache romane, c’è qualche arresto di criminali non più in verdissima età legati a quella banda. Ancor’oggi i protagonisti di quella Roma truce e in bianco e nero vengono ricordati più con i soprannomi del romanzo di De Cataldo che non con i nomi veri. Ma sto divagando. De Cataldo ha scritto un altro romanzo, “Alba nera” (stampata da Rizzoli nella collana Nero), ambientato a Roma, che ha per protagonisti una poliziotta, Alba Doria, assai brava ma un po’ così, inseguita dai fantasmi della sua mente (da lei chiamata Triade oscura, groviglio inestricabile, e a mio parere un po’ sopravvalutato, di narcisismo, sadomasochismo e sociopatia); un altro tutore dell’ordine detto il Biondo, ex compagno di Alba ma sempre innamorato di lei, uomo tutto di un pezzo, cardine problematico della vicenda; il dottor Sax, uomo dei servizi, scaltro, che si “è fatto da solo”, francamente disgustoso.

Nella seconda fila dei protagonisti troviamo il capo della potentissima struttura segreta e suocero di Sax che agita le marionette e che ama assai la cucina (e qui ci pare di aver intuito un riferimento alla storia del dopoguerra, ma sicuramente ci sbagliamo…); Ippoliti, agente scemo e perciò destinato ai lavori più sporchi decisamente innamorato di Alba; uno psicopatico che non sa trattenersi e uccide, dopo sesso praticato oltre ogni limite, le sue escort, ma che gode di protezioni inimmaginabili e… No, non posso dirvelo, rischio grosso a, come si dice oggi, spoilerare. Anche perché voglio provocare l’Autore e il lettore: il vero protagonista è la città, una Roma cupa, cupissima, non però più in bianco e nero, raccontata su due piani temporali: quella del primo delitto (nel 2008) e quella del secondo delitto (circa dieci anni dopo). Ecco, qui De Cataldo mostra di conoscere al meglio la topografia cittadina, che dovrebbe fare “solo” da sfondo alla storia. Con le sue brutture – impressionanti le scene dei criminali più o meno da strapazzo che vivono di espedienti sotto i ponti – e le sue (tenui) speranze. Con quella sua borghesia un po’ così e assai cialtrona (si veda la descrizione del salotto della madre di Alba, fiera dei luoghi comuni sui migranti oggi così di moda) e i poliziotti corrotti.

Altra protagonista è la scrittura che ci porta a considerare questo romanzo di De Cataldo come un vero e proprio hard-boiled: secca e senza fronzoli. Scorre via, si legge tutto d’un fiato e via frasi fatte elencando. Insomma, un libro da leggere (il rischio-delusione è stato evitato) per evadere e provare il vero gusto dell’azione. Tra poliziotti corrotti, escort disperate, fantasmi che affollano la mente dei protagonisti. E Se Alba è il personaggio più riuscito, non sottovalutate il Biondo. Presto, secondo me, sentiremo parlare di lui. Della serie: il finale è aperto. E, tutto sommato, anche rassicurante. Perché quando c’è il sole a Roma…

Francesco Ghidetti