«La vista è magnifica, totalmente libera. Nelle città solo un fiume è in grado di aprire il cielo in quel modo, anche se è notte almeno si vede il cielo. La Senna è l’unico elemento sereno, l’unico elemento femminile…».

Quando ho letto questa frase (limpidissima) mi sono reso conto che la ricerca che sto facendo sui canoni stilistici della letteratura cittadina – capire insomma se si può o no definirla un “genere” – è giusta. L’immagine del fiume, in questo caso il fiume di Parigi, non è solo molto bella, ma soprattutto vera. Il che non significa che la città sia luogo oscuro e cupo, anzi. La città può essere “tentacolare”, come si scriveva una volta, oppure vivace o, ancora, ansiogena, ma di essa non si può fare a meno. La “fuga dalla città” è un tentativo che quasi mai riesce completamente. Anche perché, perlomeno a mio parere, il celebre detto «l’aria delle città rende più liberi» è ancora attualissimo (esempio: dove Marine Le Pen, la ‘sovranista’, l’antieuropeista, l’anti-migranti, ha preso meno voti? A Parigi…). E se volete conferma di quanto dico, vi raccomando la lettura di Affidati a me, romanzo di Serge Joncour edito dalle edizioni e/o che meritano un plauso. Per vari motivi: la scelta dell’Autore, la copertina, la traduzione senza sbavature di Alberto Bracci Testasecca, la perfetta cura redazionale. Ho lavorato a lungo in case editrici (secoli fa…) e, anche se la vista non è più quella di una volta, non ho riscontrato errori o imperfezioni.

Joncour, nato a Parigi nel 1961, è bravo. Sforna pagine in cui la capitale di Francia è protagonista unendo, alla capacità descrittiva (rapide pennellate che rendono immediatamente il paesaggio), uno scavo insistente e riuscito degli umani sentimenti. La trama è semplice: Aurore, sposata e in teoria madre e sposa felice, si innamora del suo dirimpettaio Ludovic, uomo tormentato, che di mestiere recupera crediti, già rugbista, ‘espulso’ dalla sua famiglia che vive nella Francia rurale – quella sì davvero cupa -, incapace di elaborare il lutto per la moglie assassinata da un malaccio anni prima. E, come dice il titolo, Aurore, imprenditrice di successo, attaccata agli antichi valori del lavoro, improvvisamente conscia di avere attorno amici pronti a tradirla, si affida a Ludo. Scaccia o controlla le sue paure e riesce a recuperare il senso di una vita che, chissà, era destinata a scorrere su binari morti. Ma, e non entro di più nella ragnatela narrativa dell’Autore per ragioni ovvie, in realtà anche Ludo vivrà la sua rinascita tra mille imprevisti e, sorpresa, non si capirà più tanto bene verso chi è diretto quell’ “Affidati a me” che dà il titolo del romanzo… E sapete perché? Perché “non c’è complicità più viva che indovinare l’altro”.
LA FRASE PIÙ BELLA:
«Gli altri esistono anche quando non ci sono»
SERGE JONCOUR, Affidati a me, edizioni e/o, 18 euro