Ma lei, ‘poeta della montagna’, è mai stato al mare?
«Devo confessare un reato».
Scusi, volevamo parlare con il mitico scrittore Mauro Corona…
«Io sono un povero diavolo che mi sopravvivo… Comunque sì, sono io lo scrittore Corona».
Perché vuol confessare un reato?
«Perché, saranno passati quarant’anni, mi portarono a Caorle. Al mare. Le mie figlie avevano bisogno di iodio, aveva detto il dottore. Mi fecero indossare bermuda e infradito. Bene: resistetti cinque giorni su quindici. Eroico. Poi, però, vidi una bici. La presi e pedalai sino a Pordenone. Lì dissi a un amico: ‘Se mi riporti tra le mie montagne te la regalo’. Accettò».
Ha commesso un furto lei che predica la legittimità di sparare ai ladri…
«Un momento, vediamo di capirci subito. Io ho trovato dei ladri in casa mia. Dei fighetti. E allora ho lanciato, come si dice, una provocazione. Sappiano lorsignori che, se entrano in casa d’altri, rischiano di uscirne coi piedi fuori. Facciamo una legge che dice questo. E poi vediamo».
Cattivissimo.
«Ma ho l’aspetto di un pluriomicida?! Ho semplicemente buttato il sasso nello stagno di una sinistra ipocrita e demagoga. Io ho cacciato per mangiare. So che cos’è la fame. Di più: la miseria. Non sopporto chi discetta, chi recita».
Ma la sicurezza dei cittadini spetta allo Stato.
«Ancora con questa storia? E che fa lo Stato? Mette un carabiniere alla porta di ogni cittadino? È proprio questa spocchia che non sopporto».
Lei una volta era di sinistra…
«Io sono di sinistra. Il che non vuol dire che mi piaccia questa sinistra».
Perché?
«È lontana dalle persone. E molto vicina alle banche. Non pensa al lavoro. Quelli delocalizzano e la sinistra sta zitta. Chiudono imprese, magari anche quelle che fanno utili e sta zitta. Roba da matti. Io pretendo che difenda chi non vuol perdere il lavoro e, quindi, la dignità».
Ora si fa fotografare con un bel bicchiere di vino accanto a Matteo Salvini, potente titolare del Viminale.
«Anche in questo caso trovo tutto veramente paradossale. Perché dovrei negare che sto simpatico a Salvini? Se lui mi vuol parlare non vedo dove stia il problema. Se si vuol fare una foto con me, perché dovrei negargli questo piacere? Ho stretto la mano a tanta gente…».
Quindi è d’accordo con Salvini sulla chiusura dei porti.
«Nemmeno un po’. Impossibile chiudere i porti. La vita umana, la sua salvezza viene prima di tutto».
Si sente spesso col vicepremier-ministro dell’Interno-leader leghista?
«Da quando è diventato ministro ho smesso di inviargli sms. Non mi parrebbe giusto. Lui occupa un posto delicatissimo. È un rappresentante delle istituzioni, mica un capopopolo come prima».
Mauro, Erri De Luca è ancora suo amico?
«Di più. Siamo come fratelli. E poi lui sì che è mitico come scrittore. Bravissimo. Adoro le sue opere. Scaliamo insieme le montagne».
Però lui ha firmato un appello anti-Salvini.
«Non ci vedo nulla di strano. Gli appelli hanno sempre un valore. Servono comunque a scuotere le coscienze. Coscienze, quelle europee, sempre più intrise di disgustoso razzismo».
Intellettuali contro. Scrittori contro. Eppure Mauro Corona non è tanto interessato ai circoli letterari.
«A Mauro Corona non frega niente dei circoli letterari. Della critica. Per non parlare dei premi letterari. Ipocrisia pura. Ho vinto il Bancarella, no? Beh, lo sapevo già da un mese prima».
Dice un critico: si scrive per non morire.
«Ecco, per quel critico potrei fare un’eccezione. Mi riconosco appieno nella frase. Pura verità. Io ho molti inferni. Ero un uomo triste. Quando scrivo, vivo e sopravvivo. Si scrive per non spararsi un colpo in testa. Per non toccare il fondo».
Però le storie le hanno portato una bella dote…
«Non nego di aver guadagnato qualcosa di consistente. Occhio: mica sono miliardario. Non lo scriva: lo sa che, fatto 100 di guadagno, 15 l’ho dato ad amici che erano in difficoltà? Io ho dormito con mia moglie in sacchi a pelo. Non avevamo nulla. Quindi, posso dire con franca schiettezza che dei soldi non so che cosa farmene. Il mio dolce dramma è che non ho passioni costose. Sono felice di aver fatto studiare i miei quattro figli, di cui tre femmine».
A proposito di vino: lei denuncia spesso il suo troppo bere. È vero che ha scritto «Storia di neve» in un periodo densamente alcolico?
«Verissimo. Furono allucinate notti di scrittura. Esprimevo tutta la mia vanità».
Ore e ore al computer.
«No. Le regalo una foto. Vede? Scrivo su foglietti. Poi ricopio tutto in stampatello e mando alla casa editrice».
Odia la tecnologia, ma ha un super-sito in Rete.
«Non odio la tecnologia nemmeno per idea. E il sito l’ha fatto mia figlia. La più grande. Lei se ne intende. Io nemmeno lo apro (ride)».
Lei leggeva Tex.
«Mi cacciarono perché lo divoravo in classe. Ho la collezione completa».
Ma davvero non le piace il mare?
«E chi l’ha detto? Quando passo per Venezia o Trieste resto rapito dalla sua potenza».
Corona si alza. E torna a scalare le sue montagne. Di roccia. Di legno. Di carta. «Alla buon’ora», saluta con un sorriso. Felice, altroché.