La rivoluzione era alle porte, il resto non importava”. Lui si chiama Boscolo, Alberto Boscolo. Ha vent’anni. Viene da una “normale” famiglia della borghesia (piccola? media?) milanese. Si impegna nell’allora sinistra extraparlamentare, contraria al “sistema”, polemica con Pci e Psi e coi sindacati “ufficiali”. Ma anche nel Movimento gli par di sentire parole vuote, contrapposizioni verbose, orpelli estetici di dubbia utilità. E quindi, dopo la strage di piazza Fontana (12 dicembre 1969), cambia registro. E come se lo cambia. Radicalmente. Aderisce alle Brigate Rosse, è tra i membri fondatori: primi incendi alle macchine, prime rapine, primo rapimento (Idalgo Macchiarini, dirigente della Sit-Siemens, sottoposto a “processo proletario”). Abbandona la famiglia. Gli amici. Le amiche. Le fidanzate. Nessun dubbio pare sfiorarlo. Conta solo la rivoluzione. Ma il precipizio è vicino e Alberto deve affrontare la sua coscienza. Lui, che era uno studente brillante. Lui, che lavorava in una libreria (forse la sua salvezza, alla fine). Lui, che voleva cambiare viene preso da un delirio narcisistico. Molto piccolo-borghese. Sino all’esito finale. E sino all’atto finale. Alberto, una storia in bianco e nero. Dove, chissà, la vera protagonista è Milano, una Milano scomparsa. E lontana, lontana nel tempo. Per fortuna.

ghid

Mordi e fuggi. Il romanzo delle Br

(Baldini+Castoldi)

di Alessandro Bertante

205 pp, 17 euro

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