Molti, moltissimi i lettori che ancora non hanno elaborato il lutto.
Eppure sono passati più di due anni da quel maledetto 16 aprile 2020, ore 10.16 del mattino, quando Lucho fu trascinato via dal morbo maledetto che infestava il mondo.
Trascinato via a 70 anni, un’età che ormai consideriamo “giovane”.
Insomma, fu chiaro, dolorosamente chiaro a tutti, che Luis Sepùlveda era morto troppo presto, che le sue battaglie letterarie, politiche e di testimonianza non avrebbero più avuto seguito. C’era (c’è) solo un modo per continuare a sentire accanto a noi Lucho: leggerlo e rileggerlo, sperare in nuovi contributi di chi lo ebbe amico, sperare di trovare degli inediti.
Bene ha fatto quindi Guanda (storica casa editrice del Nostro in Italia) a dare alle stampe Hotel Chile, una antologia politico-letteraria che ci commuove attraverso le parole dello scrittore, ma soprattutto per le fotografie di Daniel Mordzinski, autore e “fratello” di Luis. Daniel è anche autore, oltre che dei bellissimi scatti fotografici, di un prologo che narra (come amava Lucho) storie di vita mai astraendosi dalla realtà. In sostanza la nascita dell’intellettuale attraverso il ricordo di chi, come lui, lo aveva conosciuto bene.
E pensare, come fa Daniel, alla vita di Luis fa rabbia pensare alla sua morte in un letto d’ospedale perché lui “aveva conosciuto la clandestinità, la prigionia e l’esilio, poi aveva girato l’America Latina, e dopo aver vissuto qualche anno in Germania e in Francia, aveva finito per stabilirsi a Gijòn, nel cuore delle Asturie”. Una vita di formidabili passioni, viene da scrivere parafrasando il titolo di una sua celebre opera (fra le più belle e le più lette).
Ma ecco il punto forte del libro: le foto. Ironiche, particolari, con Lucho in compagnia o da solo, con Lucho a Parigi (la città, diceva, dove si sta per essere felici), con l’amatissima Carmen, con l’asado quasi pronto per essere servito, con i figli, con molto altro ancora.
Ma un’immagine colpisce il lettore, è una botta di adrenalina: non riveliamo qual è, guardi il lettore alle pagine 88 e 89. Lì, c’è tutto Lucho, le sue battaglie, le sue sconfitte, le sue vittorie. E poi, la memoria di un tempo passato a combattere, con la penna e il computer, le ingiustizie. Un passato che, chissà, forse non era passato nemmeno per lui, torturato nelle prigioni del dittatore Pinochet. Laggiù in Cile, dove, prima del’11 settembre 1973, i giovani avevano tentato di costruire una società più giusta. Alla loro guida c’era un uomo straordinario. Il suo nome era Allende, Salvador Allende.

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Luis Sepùlveda, Hotel Chile, Guanda

Francesco Ghidetti

Francesco Ghidetti