Una provincia lombarda che (forse) non c’è più.
Un protagonista, il proprietario di una fornitissima ferramenta che si è fatto da solo, che non legge e che non capisce perché la gente legga. Che non non vuol sentir parlare di “quelli dell’altra sponda“ (i gay). Che sembra la summa di tutti i luoghi comuni di un’Italia a cavallo tra gli anni Sessanta e Ottanta.
Ma ciò che più caratterizza la vita del nostro ferramenta è la famiglia. La sua casa sta proprio sopra il negozio. E ci abitano la moglie (casalinga molto rompiscatole) e i tre figli: l’Alice, l’Alberto e l’Ercolino.
La prima piange sempre, voleva fare l’università, ma lui, si sa, preferisce che le donne stiano a casa a curare i figli e a occuparsi del marito.
L’Alberto ha tutte le caratteristiche del figlio perfetto: dopo qualche sbandata, s’è messo di buzzo buono a lavorare nella ferramenta,  non legge, ma anche lui, alla fin fine…
L’Ercolino è davvero strano. Settimino, è secco come un chiodo anche se mangia come un lupo, sembra un pozzo senza fine e, inoltre, ha un difettaccio: passa le sue giornate a leggere. E poi ci sono la moglie dell’Alberto, il marito (l’Anselmo) della figlia: potrebbe essere perfetto, eppure anche lui…
Vitali torna sulla scena letteraria e lo fa alla grande. Con una commedia spassosa e amara al tempo stesso.
E che finale: forse il ferramenta non è poi il peggiore…
Francesco Ghidetti
Sono mancato all’affetto dei miei cari
(Einaudi)
di Andrea Vitali
167 pp, 16 euro
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