Eppure è successo davvero. Clara Sereni è morta mercoledì. Il 28 agosto le avremmo fatto gli auguri per i suoi 72 anni. Invece, no. Ora, come i miei amici lettori sapranno, quando di mezzo c’è la morte, il rischio di esercitarsi nella brutta arte della retorica è terribilmente in agguato. Cercherò, dunque, di superare il dispiacere (anche perché rientra nella mia sfera privata), parlandovi brevemente di Clara.

Punto primo: nonostante si fosse trasferita a Perugia (dove, tra l’altro, era stata vicesindaco e assessore alle politiche sociali), Clara era romana doc. Figlia di un leggendario dirigente comunista, Emilio Sereni, aveva mantenuto un amore fortissimo per la Capitale. Ne conosceva ogni angolo, ne aveva percorso vie strade viali piazze in lungo e in largo.

Punto secondo: Clara era una scrittrice politica. Mettetela come vi pare, ma la Sereni ha mischiato, con naturale semplicità e quindi con fortissima eleganza, politica e letteratura. E, anche senza dirlo esplicitamente (detestava i proclami, lei che pure era stata ragazza in tempi di proclami, cioè tra gli anni Sessanta e Settanta), si capiva che le due cose erano la sua ragione di vita.

Punto terzo: l’impegno culturale di Clara andava oltre la scrittura. Si esplicava, infatti, in concrete azioni politiche (come dimostra l’impegno amministrativo a Perugia).

Ciò detto, sono convinto che due opere su tutte vadano assolutamente lette. Il romanzo d’esordio (1974) “Sigma Epsilon” che unisce intuizioni fantascientifiche con una qual certo sperimentalismo tipico di quegli anni. La sua ultima fatica (“Via Ripetta 155”, stampato dalla fiorentina Giunti), vera e propria memoria-romanzo di anni ormai lontani improntati all’impegno come base dell’esistenza. Attenzione: in quelle pagine – che videro la luce tre anni fa – non c’è alcun autocompiacimento. Anzi. La scrittura scarna ed essenziale mette a nudo un’esistenza piena di contraddizioni, paure e speranze. No, per Clara quegli anni furono tutt’altro che “formidabili”. Anche perché Clara aveva una cifra stilistica indimenticabile, non si prendeva sul serio e ben sapeva come ogni suo romanzo fosse una testimonianza vera di un periodo storico: fra tentativi di “assalto al cielo”, rigurgiti sessantottini, lugubri immagini in bianco e nero del macabro Settantasette, con una sinistra storica indecisa a tutto e con i drammi familiari – dalla Sereni vissuti in primissima persona – devastanti eppur fondamentali per capire un’opera letteraria (il famoso “si scrive per non morire”).

E potrei aggiungere tante altre riflessioni se la morte di Clara non mi avesse annichilito. Paolo Di Paolo – che di letteratura se ne intende e molto – ha narrato un divertente siparietto tra lui e Clara. A proposito di via Ripetta 155 “mi era scappato di usare la parola ‘scrittore’. ‘Ti prego, mi corresse, ‘sono una scrittrice! Lo so che perfino alcune delle nostre ‘madri’ ci tenevano a essere scrittori, ma io no!'”.

Sì, la scrittrice Clara Sereni ci mancherà moltissimo. Come la sua Roma. Immortale. Accogliente. Struggente.