L’elenco è lungo, ma è giusto riproporlo per intero (come farò in chiusura). L’amministrazione comunale (l’assessore allo sport di Bologna Matteo Lepore) e i massimi dirigenti di Pianoro (il sindaco Franca Filippini e il suo vice con delega allo sport, Marco Zuffi) hanno premiato, nella sala Rossa di via Zamboni, il Pianoro Cricket Club.
Premio meritato perché si trattava di rendere giustizia e onore a un club che, in trentasei anni di vita, è riuscito a mettere insieme una promozione dalla B alla A, 15 scudetti, 6 Coppe Italia, 1 Coppa dei Campioni e 5 titoli giovanili (2 under 19, 1 under 17 e 2 under 15).
Quindici scudetti sono tanti: anche perché dietro questi successi c’è la firma di Arcido Parisi, che ho ribattezzato, da sempre, il presidentissimo. Arcido ha scoperto il cricket qualche anno fa, come insegnante ha trasmesso la passione a tanti ragazzi e, negli anni, sull’Ovale di Rastignano (campo di casa del Pianoro), si sono alternati in battuta o al lancio tanti suoi allievi.
Ma il cricket è anche uno sport particolare nel quale gli italiani, non possono dirsi maestri. I maestri, in questa disciplina, arrivano dal Regno Unito, dall’Australia e dagli altri paesi (come India e Pakistan) che sono stati sotto l’influsso di quello che una volta era l’impero britannico.
Il cricket, quasi senza accorgersene, è diventato uno strumento di integrazione. Ma integrazione reale. Lo sport (anche se i cori e gli striscioni di alcune curve lasciano più di un dubbio) è uno strumento che dovrebbe unire. E il cricket, a Pianoro (ma anche a Bologna, dove c’è una squadra che ha la stesse caratteristiche), è diventato un simbolo di integrazione. Perché in campo, nel rispetto del prossimo e delle sue abitudini, si mescolano realtà differenti. Che non si guardano in cagnesco, ma si osservano con quel fair-play e quell’atteggiamento che lo sport è in grado di regalare.
E allora lo scudetto del Pianoro è un inno alla integrazione, perché tra giocatori e dirigenti, le nazionalità messe in campo sono ben sette. Ognuna con le sue peculiarità. Ognuna con i suoi pregi e i suoi difetti. E il confronto, quando c’è il rispetto, porta in dono quell’unità di intenti che ha consentito a Pianoro di vincere lo scudetto. E che il cricket sia un’oasi speciale lo dimostra il momento del “ristoro”, tra un inning e l’altro. Quando le società – il Pianoro, ma non solo – si fanno in quattro per garantire un menù che soddisfi tutti, senza creare problemi alle osservanze o meno religiose.
Un riconoscimento, in sala Rossa, per lo scudetto, certo. Ma anche l’applauso per uno sport che deve essere preso come esempio di integrazione tanto naturale, quanto pacifica.
E ora, come detto, l’elenco dei protagonisti del Pianoro Cricket Club 1983
Nasir Abbas (Pakistan), Rehman Abdul (Pakistan), Zeeshan Ahmed (Pakistan-Italia), Hammad Amjad (Pakistan), Luigi Di Giglio (Argentina-Italia), Benjamin Hancock (Australia), Rakibul Hasan (Bangladesh), Asim Khalid (Pakistan-Italia), Anam Mollik (Bangladesh), Andrea Pezzi (capitano, allenatore, dirigente), Tommaso Pezzi, Arslan Rana (Pakistan), Waleed Rana (Pakistan), Raheel Riaz (Pakistan), Faizan M. Saeed (Pakistan), Manpreet Singh (India), Aylan Tariq (Pakistan), Ahmar Younas (Pakistan).
I dirigenti: Arcido Parisi (presidente), Michel Minghetti (consigliere), Luis Di Giglio (Argentina-Italia, consigliere), Leonela Di Giglio (Argentina-Italia, segreteria), Salvatore Bruno (servizio sanitario), Vincenzo Biasco (scorer), Fernando Ranit (Sri Lanka, Blsd), Davide Gubellini (relazioni esterne)