Gli aggettivi li abbiamo finiti lo scorso anno quando, per la prima volta nella sua storia, la Fortitudo UnipolSai vinse il secondo scudetto consecutivo (mai successo in precedenza) mettendo in bacheca anche la Coppa Campioni per un’accoppiata pazzesca.
E adesso? Dopo il terzo titolo consecutivo, cos’altro aggiungere?
Cercando di essere il meno banali possibile, bisognerebbe ricordare come, di fatto, vincere è quasi un’abitudine in casa Fortitudo.
Società incredibile con una storia cominciata nell’ormai lontano 1953 e divenuta leggendaria nel terzo millennio, dopo aver passato anche una stagione in A2, negli anni Novanta.
Dal 2000 a oggi sempre nei playoff. E, sempre dal 2000 a oggi, 8 scudetti, 4 Coppe Campioni, 8 Coppe Italia e una Supercoppa. Considerando che non sempre la Coppa Italia c’è stata e che la Supercoppa italiana è stata quasi un unicum, ce n’è abbastanza per capire che stiamo parlando di qualcosa di eccezionale.
Mauro Mazzotti, Marco Nanni e oggi Lele Frignani come manager.
Stefano Michelini, Marco Macchiavelli, ancora Stefano Michelini e oggi Pierluigi Bissa come presidenti.
Christian Mura come direttore sportivo.
Roberto Radaelli e oggi Fabio Betto come pitching coach.
Claudio Liverziani prima capitano e oggi nello staff tecnico.
E, pensando ai capitani, Lele Frignani, Bidi Landuzzi, Fabio Betto, Claudio Liverziani e oggi Alessandro Vaglio.
Tanti nomi per far capire che possono cambiare i protagonisti, ma la società, lo spirito, lo stile di un gruppo restano inalterati.
E così, anche nella stagione del Covid, con sole sei squadre e le gare ridotte a sette inning, la Fortitudo è campione d’Italia.
Poi ci sarà sempre qualcuno che ci spiegherà che sette inning non rappresentano il baseball, che sei squadre sono poche per considerare a pieno il movimento del batti e corri. Che gli italiani sono pochi e non giocano neppure bene (Alex Bassani, nel frattempo, porta a casa il titolo di mvp di questa finale articolata in sette emozionanti puntate).
Ma, appunto, spiegano. C’è un vecchio adagio che non si discosta molto dalla verità: chi vince festeggia, chi perde spiega. Intendiamoci, il chi perde spiega non è assolutamente riferito a San Marino, che esce a testa alta, con l’onore delle armi e con un gruppo fantastico, che ha sbagliato solo una partita, gara-cinque quando, sull’8-0, ha pensato di aver chiuso i conti. San Marino non ha perso, si è dimostrato un bel gruppo e solo l’impossibilità di dividere uno scudetto ha tolto questa stagioni ai Titani. Chi perde spiega, fuor di metafora, è rivolto a chi continuerà a sostenere che questo non è baseball. Ma nella stagione del Covid (il numero dei contagi dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti) questa era l’unica strada per tenere in piedi il movimento. Per non cancellare il 2020 con un colpo di spugna. Per non perdere quegli appassionati che sicuramente non sono tantissimi ma che, senza baseball giocato, avremmo lasciato per strada.
Quindi un applauso non solo a San Marino, ma anche a Parma, Collecchio, Macerata e Godo. Poi la Fortitudo ha avuto qualcosa di più. Ha creduto in un sogno – dare fiducia a Lorenzo Dobboletta e Filippo Agretti, Julian Dreni e Niccolò Loardi, Cesare Astorri e Samuele Gamberini – e non ha mai mollato.
Solo sognando, forse, si può vincere. Adesso la Fortitudo può andare a letto (ma forse i festeggiamenti sono solo all’inizio) tranquilla.
Sotto le coperte, per il terzo anno consecutivo, c’è un pezzetto di stoffa tricolore che si chiama scudetto.
E pazienza se il bandierone del Falchi dovrà essere ritoccato ancora una volta. Forse, questo, è l’unico sforzo con il sorriso – perché per vincere bisogna sacrificarsi tanto – fatto da Lele Frignani e dai suoi incredibili ragazzi.
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