Dove eravamo rimasti? Già, alla Fortitudo Baseball, la società più vincente delle Due Torri dal 2000 a oggi. Possibile? Possibilissimo, bastare dare un’occhiata ai numeri, che non mentono mai, per rendersene conto. Dal 2003 a oggi sono arrivati 6 scudetti, 4 Coppe dei Campioni, 8 Coppe Italia e una Supercoppa. Fate la somma e otterrete il numero 19 come a dire che, da quando siamo entrati nel terzo millennio, la Fortitudo vince, di media, un trofeo all’anno.
Quello conquistato al Falchi, però, vale di più perché arriva al culmine di una settimana che era cominciata nel peggiore dei modi. Ricordate? Sembra passato un secolo: 4 giugno, esordio dell’UnipolSai in Coppa dei Campioni. In quella manifestazione, la Coppa dei Campioni appunto, che il presidente Stefano Michelini ha voluto fortissimamente portare a Bologna. Esordio e subito sconfitta con Amsterdam. Lo spettro della solita beffa olandese (un deja vu dal 2015 a oggi) dietro l’angolo. Eppure da quel 2-1 per i Pirates di Amsterdam, la Fortitudo, senza scene isteriche ma, al contrario, rimboccandosi le maniche, è stata capace di costruire un capolavoro. Dalla semifinale contro i soliti rivali di Rotterdam, cancellati da un immenso Stephen Perakslis, al capolavoro contro Amsterdam. Una rivincita – e che rivincita – a colpi di strikeout (14 alla fine per Raul). Con Raul Rivero capace di dispensare tranquillità e talento. Un 8-0 che non ammette repliche e che regala alla Fortitudo la sesta Coppa dei Campioni. Il trofeo che Lele Frignani inseguiva da una vita (due volte sconfitto in finale da giocatore, una, due anni fa, da manager), la Coppa che serviva a Stefano Michelini per chiudere con il sorriso sulle labbra la sua lunga e vincente avventura da presidente. Un trofeo che va ad aggiungersi alla gioia nel vedere un Falchi pieno, mescolato agli applausi di chi è rimasto colpito da questa organizzazione Fortitudo (praticamente perfetta).
La coppa più bella e meritata. Sperando di poter chiudere la stagione con lo scudetto e, perché no, con la qualificazione olimpica – visto che il torneo preolimpico vedrà il Falchi protagonista dal 18 al 22 settembre – della Nazionale a Tokyo.
Che bella la notte del Falchi. E se non possiamo non menzionare chi c’era sei anni fa, Raul Rivero, Nick Pugliese e Alessandro Vaglio, impossibile non pensare al manager di allora, Marco Nanni. Anche perché Marco, proprio in queste ore, ha perso il papà. E allora il pensiero di tutto il mondo Fortitudo non è potuto che andare al manager amico e al tentativo, almeno virtuale, di stringere con un abbraccio, uno dei tecnici più vincenti della storia dell’Aquila.
Com’è lunga – tornando al campo – la notte al Falchi, tra gavettoni e fiumi di birra, docce ghiacciate e scherzi. E sigari da fumare, come solo i campioni possono permettersi.
L’applauso, infine, è doppio. Perché la Fortitudo sa costruire i successi con il sudore dei propri sforzi. Perché sa adattarsi alle regole – e purtroppo ogni anno in Italia cambiano – allestendo sempre formazioni di prim’ordine. Vincere è facile, confermarsi è quasi impossibile. E il fatto che la Fortitudo ci riesca sempre – dal 2001 a oggi è sempre andata ai playoff – significa solo una cosa. Che la Fortitudo è realmente la squadra dei Campioni. Campioni i giocatori e lo staff tecnico guidato da Lele Frignani. Campioni i dirigenti, in testa il presidente Stefano Michelini e il direttore sportivo Christian Mura. Campione il pubblico. Già, perché non c’è niente di più bello, prima di lasciarsi andare nelle braccia di Morfeo, di cantare, ancora una volta, “I campioni dell’Europa siamo noi”.