“Mai sotto canestro, 40 anni con il fischietto” è il volume che Fabio Facchini, il principe degli arbitri di basket, ha scritto per “Libreria dello Sport”. In totale 172 pagine – la prefazione è firmata da un altro grande dei canestri, Ettore Messina, postfazione di Luca Corsolini – che si leggono tutto d’un fiato. Uno spaccato di una vita di sport vista con un occhio particolare, quella di un arbitro. E forse, leggendo, addetti ai lavori e tifosi (più i secondi dei primi, ma non sempre), possono rivedere lo stereotipo per il quale l’arbitro, in qualsiasi disciplina, finisce sempre per condizionare l’esito di una gara.
In quarant’anni di storia (da arbitro) c’è tutto, persino la stretta di mano, a sorpresa, con George W. Bush, all’epoca presidente degli Stati Uniti d’America, ai Giochi di Pechino, nel 2008. Ci sono tutti i colleghi che, con Fabio Facchini, hanno condiviso, prima in coppia poi con la formula della terna, la carriera. Ci sono anche i posti, dagli alberghi ai ristoranti, frequentati dagli arbitri prima delle partite. Ci sono le indicazioni turistiche, perché l’arbitro, viaggiando, ha comunque la possibilità di visitare posti e nazioni lontane. Ci sono le partite, quelle che sono sotto gli occhi di tutti e quindi, sono note. Ma ci sono, soprattutto, i dietro le quinte. Uno “scappellotto” a Messina, le “scuse” a Carlton Myers, una battuta tagliente a Mike D’Antoni, l’omaggio a Riccardo Pittis.
Una full immersion che ci consente di rivivere il grande basket, di sorridere e piangere, di vedere grandi personaggi sotto una luce differente.
Emerge, ovviamente, la figura del Facchini arbitro. Poteva piacere o non piacere, Fabio, perché in mezzo al campo e “Mai sotto canestro”, come viene suggerito agli arbitri, aveva uno stile tutto suo. Una presenza fisica e morale costante. Ma, attenzione, anche una coerenza di base che distingue il buon arbitro dal grande fischietto. Stesso metro di giudizio che, davanti a lui, ci fosse Sasha Danilovic (un altro con il quale c’era feeeling) o l’ultimo dei panchinari. E ancora il fascino del derby di Bologna, il PalaDozza e il numero dei gradini per salire all’interno dell’arena, le coreografie, la Fossa dei Leoni e, dall’altra parte, Daniele Fornaciari, oggi presidente della Fondazione Virtus. Ma anche il Lungo, al secolo Lanfranco Malagoli, che fu lo speaker brillante della Fortitudo (e scomparso troppo presto) e l’aplomb di Gigi Terrieri, la voce “millenaria” della Virtus.
E poi, oltre all’affresco brillante, l’omaggio, nostalgico e struggente, ai compagni, agli “avversari” che non ci sono più. Il ricordo della mamma e della sorella, scomparse troppo presto. Il rapporto con papà Ezio, un po’ di Romagna. Parafrasando il titolo, verrebbe da dire “Mai sotto canestro, ma sempre con Fabio Facchini”. Davvero il principe dei fischietti.