Premessa piccola, ma doverosa. Abbiamo sempre sostenuto che la continuità paga. E che, negli anni scorsi, magari, sarebbe stato giusto continuare sulla strada imboccata, senza cambiare, di volta in volta, formule e strategie.
La continuità vince sempre (o quasi) ma, per favore, cambiamo al più presto la formula di questo campionato di serie A.
Nella serie A del baseball siamo passati dalle 7 squadre della passata stagione alle 32-33 di quella attuale. Ma con quali risultati? Ogni girone ha una testa di serie e ogni testa di serie sta facendo… stragi di avversari.
Pensiamo all’UnipolSai campione d’Italia: sei partite fin qui disputate, cinque successi per manifesta.
Si dice che si impari sfidando i migliori. Sicuramente vedendo giocare un campione qualcosa lo si apprende. Ma servirebbe anche una sorta di equità competitiva: se io, squadra X, vengono letteralmente preso a pallettate dai miei avversari, che ne sarà dei miei giovani?
I miei ragazzi, impareranno qualcosa da avversari più forti o si deprimeranno e cambieranno mestiere e sport?
E al pubblico: che spettacolo possiamo offrire? Se il baseball è un prodotto che va “venduto” – per trovare nuovi tifosi, nuovi sponsor che possano dare linfa al movimento – cosa stiamo cercando di promuovere in questo momento?
E anche le squadre teste di serie, cosa se fanno di questa fase?
Dominano, certo, ma in questo modo, forse, si convinceranno di essere invincibili. E quando affronteranno la Coppa dei Campioni, sfidando il meglio dell’élite continentale, soprattutto gli olandesi, rischieranno figuracce.
Non serve ai top club, non serve alle società che, improvvisamente, si sono trovate in serie A senza averne la forza, la storia, la struttura.
La continuità paga, restiamo convinti di questo concetto.
Ma mai, come in questa stagione, l’idea è che l’anno prossimo si debba cambiare tutto. Se vogliamo provare, in qualche modo, a rilanciare il baseball.
Le partite così, anche se ci sono società come la Fortitudo che si fanno in quattro, inventandosi anche la consegna degli anelli e momenti di festa, per coinvolgere i tifosi, non servono a nessuno. Senza scomodare il Covid o le porte chiuse.
Tante partite scontate ora. Poi, quando conterà e l’equilibrio dovrebbe creare interesse, una fase brevissima.
Chi sbaglia un weekend praticamente sarà fuori dai giochi.
Nessuna semifinale, solo la finale. Eppure i playoff sono storicamente il punto di massimo interesse. Perché tagliare questa fase?
Come diceva il grande Gino Bartali? “L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”.