Ho una malattia, da quand’ero bambino: collezionare album natalizi. Eh lo so, è una debolezza comprare dischi che si possono ascoltare solo 15 giorni all’anno. Ma è così. Non ve lo nascondo: sui miei scaffali gravitano anche assurde chincaglierie musicali, condensati di melassa e miele sottomarca che neanche Winnie Pooh digerirebbe. E allora perché mi ostino nell’arraffare cd ascoltabili, tra l’altro, solo un mese all’anno? Che volete, sono un romantico malato di musica. Di tutta la musica e difatti nello zabaione del mio malloppone-pungitopo si agitano classica, pop, jazz, rock, funky,etno, dance. E uno dei miei più sanguinosi rimpianti è aver mancato uno dei tanti concerti natalizi che Vinicio Capossela, insospettabile malato del genere, teneva regolarmente a metà dicembre. Una vigilia, nel 2002, addirittura RadioRai trasmise, con incredibile agibilità mentale, ‘I cerini di Natale’, un suo visionario racconto in musica. Speravo che prima o poi Vinicio lo stampasse in cd. Illusione, è già un miracolo che in un disco abbia inserito una canzone che rimanda a quel tour, ‘Sante Nicola’.

Ma arriviamo al punto: quali album di Natale val la pena possedere? Dipende che tipi siete. Il disco più classico a questo mondo è ‘White Christmas’ di Bing Crosby. Devo essere sincero: è abbastanza palloso, vagamente jazzato morbidone, ma talmente soporifero da indurre alla depressione se non ci fossero di tanto in tanto le favolose Andrews sisters a movimentare il Titanic. E se restiamo nel jazz, beh, in giro c’è ‘Silent nights’ del povero Chet Baker, un tipo che di natalizio nulla aveva. Anzi, no scusate. Il suo era un viso d’angelo e infatti ascoltate come la sua tromba insegue i sogni di ‘The first noel’ e ‘Hark, the herald angels sing’. E poi non ci crederete, ma perfino Miles Davis mise da parte il suo cipiglio scrivendo un pezzo a tema, ‘Blue Christmas’, mentre il seriosissimo Wynton Marsalis prestò talento e attrezzo in ‘Jingle bells’ e ‘O come all ye faithfull’. Ma se per caso lo trovate in giro, non esitate ad accaparrarvi ‘Christmas with Andrews Sisters’, tre sorelle che fra swing e scat regalano un brio ballerino a carole e ballad dicembrine. Anche i Manhattan Transfer registrarono il loro ‘Christmas album’: perfetto, troppo perfetto come spesso accade alla produzione di un quartetto che ha trasformato il vocalese in un manierismo eccessivo. Meglio una compilation uscita nel 2001 allegata ad un settimanale: si chiamava ‘Natale in jazz’, ahimè difficilmente reperibile. Qui trovate Ella Fitzgerald, Dinah Washington, Louis Armstrong, Mel Tormè, Count Basie, Lionel Hampton, Oscar Peterson e anche l’asceta John Coltrane. Bellissimo!

Due passi più in là del jazz, vi segnalo il più grande disco gospel del genere, ‘Silent night’ di Mahalia Jackson. Eh, lo so, anche qui dopo un po’ possono urgere due stuzzicadenti sorreggi-palpebre, ma il Natale più puro (e cantato con passione) lo trovate nella sua palpitante ‘Amazing grace’. Discreto anche il ‘Go tell it on a mountain’ dei Blind Boys of Alabama, quei gigantoni neri sdoganati da Peter Gabriel in ‘Up’. Dallo spiritual al soul: purtroppo chissà dove sarà andato a finire, ma secoli fa la rivista ‘Rockstar’ distribuì la compilation ‘Soul Christmas’. Ragazzi, che roba. Aretha Franklin da brividi in un”Amazing grace’ di 11 minuti, e poi Otis Redding regala una sofferente ‘White Christmas’ da far un baffo al polveroso Crosby ma è valida anche la versione di Clyde McPhatter & the Drifters (la ascoltate anche in ‘Mamma ho perso l’aereo’) e dove li mettiamo i refrain natalizi a tutta tastiera dei Booker T & the Mg’s? Per chi ama il sound irlandese, due dritte: occhio a ‘The bells of Dublin’ dei supremi Chieftains: arpa (nelle fatate dita del compianto Derek Bell), cornamuse e voce di Paddy Moloney, e non solo: carole natalizie affiorano nelle labbra di Marianne Faithfull (‘I saw three ships’), Rickie Lee Jones (‘O Holy night’) e Jackson Browne (‘The rebel Jesus’). Una meraviglia. Non male, anche se più austero, ‘A winter garden’: cinque canzoni, fra cui il classico ‘God rest ye merry gentlemen’, arpa e voce di Loreena McKennit. Un passo alla volta eccoci al pianeta pop rock: qui la contaminazione è totale, con rischio-incatramatura nel kitsch. Ricordo dischi a tema di Elvis Presley. E ricordo, anche se vorrei dimenticare, gli album a tema di Micheal Bolton, Mariah Carey e Christina Aguilera. Buone canzoni di Natale le troviamo sparse in varie compilation, rintracciabili comunque più sul mercato britannico. Un po’ tutti hanno inciso una carola, chi distruggendola, chi zuccherandola, chi divertendosi. I concerti dicembrini di Bruce Springsteen erano regolarmente conclusi da una sua versione pompatissima di ‘Santa Claus is coming to town’. Fra i brani sparsi mi piace rammentare l’eterna ‘Happy Xmas’ di John Lennon, che poveretto, proprio a dicembre doveva morire, ‘December will be magic again’ di Kate Bush, ‘Thank God it’s Christmas’ dei Queen, ‘Merry Christmas, I don’t wanna fight tonight’ dei Ramones (che titolo meraviglioso, ‘Buon Natale, stanotte non voglio fare a botte’!), ‘2000 miles’ dei Pretenders, ‘Please come home for Christmas’ degli Eagles e mille altre ancora. Ma uno dei ricordi più teneri è legato a ‘Do they know it’s Christmas time?’. Rammentate? Anno 1984, pezzo scritto da Midge Ure e Bob Geldof. Dopo ‘The concert for Bangladesh’ fu uno dei primi gesti benefici di massa delle rockstar di tutto il mondo: dietro la sigla Band-aid si scatenarono Bono, David Bowie, Paul McCartney, Duran Duran, Wham, Sting e mille altri ancora. L’obiettivo era raccogliere fondi per l’Etiopia sfiancata dalla carestia. Fu un successone, seguito l’estate dopo dal Live-Aide da altre reinterpretazioni, una recentissima.

Con gli anni, il disincanto e i vari problemi, la mia passione per i cd melassa di natale è calata. Adesso Bing Crosby e Frank Sinatra non mi azzardo a piazzarli sul piatto. Sarà la vecchiaia del vostro ammuffito blogger, che volete, la stanchezza e il pendolarismo lavorativo. Quest’anno qualcosina ascolticchio. Non ho comprato quasi nulla (solo una compilation del vecchio Elvis Presley, tre cd a 6 euro…), memore dell’orrore natalizio del 2012 quando Bob Dylan scaraventò sotto l’albero un orrido cd di carole country. Un buon vecchio nome che amo ancora rispolverare è quello dei Jethro Tull. Eh, certo, ho riesumato un cd del 2003, battezzato ‘Christmas album’. Beh, non è male. sapore di natale rustico. Già mi vedo il vecchio Ian Anderson nel suo castello scozzese, davanti a piatti di uova dello storione che alleva. Conoscendo il suo carattere egocentrico, si farà l’albero da solo, suonerà per se stesso, si comprerà i regali e a mezzanotte li scarterà. Comunque, quel disco è quanto più di lontano esista dalla sdolcinatura: folk natalizio, un po’ blues, ma verace e caldo. Tutto molto Jethro Tull, quindi ve lo consiglio solo se amate il piffero di Ian, perché qui, cari miei, troverete i suoi sibili ovunque. ‘Another Christmas song’ è una canzone bellissima, dolcemente lugubre. E poi poteva mancare ‘Bourèe’ ? La suite di Bach rivisitata in chiave flautistica il vecchio Ian l’aveva proposta una vita fa, nel 1969, tempi di ‘Stand up’, l’alba dei Jethro Tull.

Ma Natale è anche ambient, e soprattutto musica sacra. Nel primo caso procuratevi ‘December’ di George Winston. Roba vecchia, dei tempi di Paolo Rossi (1982): è un disco di solo pianoforte, puro come la neve sul Montana, da ascoltare mentre fuori i fiocchi ricoprono tutto. Ovviamente non è che il pianista Usa scopra chissà che: il suo è un pianismo lineare, popolato di suggestioni. E sul suo sentiero, già calcato da tanti, molti altri si incammineranno a cominciare dal nostro Ludovico Einaudi). Però le sue interpretazioni di ‘The holly and the ivy’ e di ‘Variations on the Kanon by Johann Pachelbel’ sono davvero da caminetto.

Quanto alla musica sacra, è un discorso senza fine: potrei parlavi della solita ‘Ave Maria’ in doppia versione (Schubert e Gounod), invece confesso il mio debole per Bach. Dall”Oratorio di Natale’ alla ‘Cantata 147’, ecco, non c’è niente di più vero, di più appassionato da ascoltare nella notte del 25.