Nel mio delirante e solitario sabato sera, ho estratto da una pila il cd di Anthony Phillips, ‘The geese and the ghost’. Roba vecchia, del 1977. Già, mi state chiedendo: e chi è questo Anthony Phillips? Cari miei, era in pratica il fondatore dei Genesis, l’anima di ‘Trespass’, primo vero e proprio album della band progressive. Un ragazzo biondo, timido che aveva conosciuto Mike Rutherford a scuola formando il gruppo The Anon che poi si sarebbe fuso con i Garden Wall di Peter Gabriel e Tony Banks, anche loro compagni di scuola nella mefistofelica Charterhouse. Antonhy, un buon chitarrista e pianista, soprattutto un ottimo compositore: il perno dei primi Genesis. Un giorno si ammalò di  mononucleosi, poi si beccò pure la broncopolmonite, soffriva di crisi di panico sul palco (come Andy Partridge degli Xtc e Fabrizio De Andrè) e allora disse basta. Se ne andò dai Genesis un attimo prima che questi decollassero verso il successone. Era il 1970 e di lì a poco sarebbe stato sostituito da Steve Hackett, e questa è un’altra storia che in tanti conoscono.

 

E dopo che ne è stato di lui? Ha inciso decine e decine di dischi, misconosciuti, sotterranei, ma alcuni dei quali di buona qualità. Prendete il sopracitato ‘The geese and the ghost’ inciso sette anni dopo la fuga dalla band, è quello che si dice un album di culto. Dentro ci sono Phil Collins e Mike Rutherford, e le canzoni sono frutto dei mesi passati con i Genesis nel Christmas cottage, nel 1969.  Alcune canzoni sono davvero belle, come ‘Collections’ e ‘Which way the wind blows’, il problema è che questo album uscì proprio mentre infuriava la tempesta punk, e non c’azzeccava proprio niente. Nel 1978 pubblicò ‘Wise after the event’ (dalla copertina spaventosa) con un paio di transfughi illustri dei King Crimson, il batterista Michael Giles e il fiatista Mel Collins, personalmente lo trovo un buon lavoro, curato e gradevole, anche se Anthony fra i suoi tanti pregi non aveva certo quello di possedere una bella voce.  Il ragazzo poi si è rinchiuso nello studio che si è realizzato nello studio di casa scrivendo e suonando, e incidendo. Ho pescato qua e là nella sua immensa produzione prendendo alcune ‘sole’, ma un giorno mi imbattei in ‘Ivory moon’, del 1986, un disco di solo pianoforte, suonato ovviamente da lui. Beh è un disco bellissimo, con quel gioiellino finale, ‘Let us make love’, un brano dei primissimi Genesis.

 

E così questa è la storia di Anthony Phillips, a volte mi chiedo se i diritti d’autore di ‘Trespass’ gli siano sufficienti, ma credo che con quelli del cofanetto del 1998  gli sia stata garantita un altro po’ di tranquillità. Non comprerò più altri suoi cd, scusa Anthony ma ho preso troppe cantonate, però a un uomo che preferisce suonare la propria musica senza compromessi bisogna sempre mostrare il massimo rispetto. E lo penso sempre isolato, in una casa in cima alla ‘White mountain’.