Forse è stato il primo e ultimo concerto di una rockstar al quale sono stato. Prima c’era stata Patti Smith e mi aveva deluso, poi c’era stato Lou Reed e non è che mi avesse entusiasmato. La mia breve esperienza da ventenne vissuta sui prati degli stadi si è esaurita lì. Non mi piacevano la confusione, le lunghe attese, il sole a picco… non mi divertivo. Però Lou Reed, lo confesso, sin da ragazzino mi affascinava e lo faceva anche ora, con quella sua faccia segnata dal tempo e quell’aria da pacato signore newyorchese che ne ha vissute tante da permettersi di poter vivere guardando tutto quello che gli stava intorno con un’aria di divertita, insofferente sufficienza. Da liceale mi piaceva la sua faccia con le occhiaie che gli solcavano il viso e facevo di tutto per somigliarli. Eppoi, per quanto ne sapessi il giusto, ero affascinato dalla Factory di Warhol, dalla musica dei Velvet Underground, dagli strampalati film con Joe D’Alessandro protagonista, dalle Polaroid e da quella New York così underground di cui leggevo e sentivo parlare. E per quanto non c’entrassi nulla con quel mondo, la Pop Art e la trasgressione che l’accompagnava mi avevano stregato. Certe volte mi chiedo perché un ragazzino nato nella Bassa padana può restare abbagliato da un mondo così lontano e, soprattutto, così disperatamente malato. Va così e tutto sommato preferisco avere qualche ellepi di troppo di Lou Reed piuttosto che dei Pooh. Ora se n’è andato anche lui, stroncato da quel fegato che aveva strapazzato da ragazzo. Quanti come lui, tanti signor nessuno, se ne sono andati per le stesse ragioni. La mia generazione ha questo Vietnam con il quale dover fare i conti. I soliti benpensanti gettano la croce addosso a chi come Lou Reed ha cantato di eroina e di amori strampalati per spiegare le ragioni di questa strage silenziosa. In realtà quel mondo disperato sarebbe esistito con o senza Lou Reed. Non per colpa di una rockstar si muore a vent’anni. Gli artisti, cantanti, poeti, scrittori raccontano quello che vedono e Lou Reed ha fotografato meglio di molti altri quell’epoca. Un mondo fatto di speranze deluse, di libertà negate, di ingiustizie evidenti e di ipocriti che governa(va)no il mondo incuranti del destino di milioni di persone. Andare contro sarebbe (stata) l’unica strada possibile, ma non tutti hanno (avuto) la forza e il coraggio di farlo. All’epoca si metteva sul piatto un vinile di rock duro e puro per scaricarsi un po’, mentre oggi anche il vecchio Lou era diventato più saggio e intimista, convertendosi a nostalgiche ballate da consumare davanti al camino. Senza perdere quella verve da incendiario, senza diventare pompiere  come succede quando gli anni passano e come ammonisce Marinetti. In fondo ce l’ha fatta a sopravvivere. Non è poco.