La rielezione del presidente Napolitano non è altro che la rappresentazione del più antico dei mali italiani ovvero dell’atavica incapacità di rinnovarsi. Non dobbiamo stupirci se la classe politica, che bene o male ci rappresenta, non fa altro che comportarsi secondo questa prassi consolidata. In Italia non si volta mai pagina, perché abbiamo una tremenda paura che, cambiando, le cose possano peggiorare. Non accettiamo le sfide, spesso arriviamo fino al limite, siamo quasi sul punto di cedere alla tentazione di azzardare… ma quando si tratta di avere il coraggio di fare delle scelte decise, torniamo indietro, preferiamo quello che già conosciamo. Beninteso nulla contro il Presidente in carica, perché Prodi o Rodotà non possono essere certo presentati come i candidati del nuovo che avanza… E nemmeno considero un problema il dato anagrafico di Napolitano. Non c’entra nulla l’età perché si può restare vivaci e sensibili fino a quando si vuole. Non sta scritto da nessuna parte che superati gli anta si entri in una zona d’ombra crescente. Basta guardarsi un po’ intorno per rendersi conto di quanti grandi vecchi restino con lo stesso spirito e la stessa forza di quando erano arrembanti giovanotti. Il vero problema è che in Italia, anche nel mondo del lavoro, sono pochi quelli che azzardano, quelli che investono su chi è portatore di idee e di contenuti innovativi. Eppure i momenti di crisi dovrebbero essere affrontati in questo modo: perso per perso, tanto varrebbe tentare strade nuove. Per esperienza personale, prendo ad esempio il mondo dell’editoria: i giornali perdono copie, i giovani non li comprano più, ma non si cambia una virgola, l’informazione resta quella di sempre. Ci accontentiamo di dire che perdiamo tutti, ma nessuno prova a rivedere il proprio modo di costruire un giornale. Così nella politica, dove abbiamo avuto bisogno di Grillo e del suo spin doctor per scoprire il web. Basterebbe leggere quanto scrivevano trent’anni fa Simon Nora e Alain Minc in un delizioso saggio scritto per l’allora presidente francese Mitterand (intitolato <Convivere con il calcolatore>) per scoprire pregi e difetti derivanti dall’avvento del web nel tessuto sociale. E’ vero, la comunicazione e l’informazione oggi viaggiano anche in senso orizzontale e non più solo dall’alto al basso, ma la ridondanza di pareri, di prese di posizioni, di commenti e di voci porta insito il rischio del tutto che si riduce al nulla. In realtà servirebbe affidarsi alla meritocrazia. Se questo criterio venisse appplicato a quanti si ridurrebbero i parlamentari? E, tornando al nostro esempio, quanti redattori più o meno graduati andrebbero lasciati al loro posto? Se si eccettua un’esigua minoranza, che sfianchiamo perché il mondo reale non tiene in alcun conto la qualità, siamo un popolo di inguaribili sfaticati, preferiamo somigliarci tutti, affondare rimanendo sulla stessa barca pur di non imbarcarci su una scialuppa di salvataggio, carica di imprevisti, ma anche di speranza. Preferiamo soccombere di fronte a un destino già scritto, piuttosto che sfidarlo e andare verso un finale a sorpresa. Ma ognuno di noi, volendo, può ribellarsi e condurre la propria personale, donchisciottesca battaglia.