«Matteo Renzi, dopo le primarie Pd, è più forte, ma il partito è più debole». Marco Valbruzzi – ricercatore dell’istituto Cattaneo e coordinatore del progetto ‘Candidate & leader selection’ (C&LS) che analizza le primarie italiane ed europee – segnala che si tratta di una «grande vittoria» dell’ex premier, ma potrebbe trasformarsi «in una vittoria di Pirro». È vero che Renzi ha vinto ovunque, salvo in Puglia dove Emiliano ha avuto la meglio, ma se il segretario Pd ha capitalizzato il suo successo nel partito, rischia anche di restare isolato, incapace di allargarsi.

IN PRATICA, «non c’è stata una renzizzazione del Pd, ma è il classico elettorato dem che si è adeguato a Renzi», spiega Valbruzzi. Dai dati, infatti, emerge che ha avuto un boom di voti dalla ‘vecchia guardia’: cioè circa un over 65 su due ha votato Renzi. Orlando, invece, è stato scelto dal 38% degli over 65; Emiliano dal 24%. «Solo un 13% di giovani 16-24 anni, bestia nera di Renzi anche al referendum costituzionale, ha scelto l’ex premier. Tant’è che 44 su 100 che hanno votato Renzi sono pensionati», ha rilevato Valbruzzi. Swg, che sottolinea come giovani e disoccupati siano la categoria dove Renzi è più in difficoltà benché capitalizzi il 55% nella fascia d’età 18-24 anni, conferma che tra i 55-64 anni, il 74% del popolo dei gazebo ha preferito Renzi (il 16% Orlando e solo il 10% Emiliano). Quasi un plebiscito, poi, tra le donne (75%) e gli operai (77%).

Resta da chiedersi quale sia il nuovo Dna del Pd.

Secondo i dati Pd (non certificati) Renzi avrebbe raggiunto il 70%; Orlando il 19,5% ed Emiliano il 10,5%. Al di là delle polemiche della mozione Orlando che parla di un risultato superiore al 22%, i rapporti di forza sono ben definiti. E c’è già chi parla di PdR (partito di Renzi). Secondo gli analisti, però, non si può sovrapporre Renzi a Emmanuel Macron che, in Francia, contende l’Eliseo a Marine Le Pen. « Il Pd uscito dalle primarie è più un partito di centro sinistra a vocazione maggioritaria, sul modello di quello pensato da Walter Veltroni. Macron ha creato il suo movimento e il suo elettorato. Nel caso di Renzi, invece, è l’opposto: il suo elettorato è quello del partito», spiega Valbruzzi. Dall’analisi dei flussi elettorali di C&LS si conferma che la capacità attrattiva di Renzi nei confronti del centro destraha avuto un’incidenza trascurabile, che si attesta su cifre da zero virgola. Fatto salvo Emiliano, di cui Valbruzzi calcola un 15% di elettorato da area ex grillina, non ci sono ‘flussi’ significativi. C’è un altro aspetto, poi, da non trascurare nella ricerca di C&LS. Alla domanda ai fan di Orlando ed Emiliano: ‘Continuereste a votare Pd se vincesse Renzi?’, un terzo di chi ha votato il Guardasigilli e il 40% di chi ha scelto il governatore pugliese si dicono incerti sul da farsi. Per Renzi-segretario c’è un’ulteriore grana: gli elettori dem ‘indecisi’.

CAPITOLO affluenza. Per il Pd sarebbe di un milione e 850mila, circa un milione in meno rispetto al 2013 (il 35% in meno). Il calo è al Centro-nord, intorno al 45%, quasi dimezzata nelle regioni rosse (Emilia Romagna, Toscana e Umbria) e del 10% al Centro-sud. Da segnalare – spiega Salvatore Borghese, analista di YouTrend – la capacità attrattiva di Emiliano che ha spinto la partecipazione in Puglia e Basilicata. Nelle regioni rosse, invece, il dato ha una doppia interpretazione: da una parte, la scissione ha rafforzato Renzi, visto che chi è rimasto nel Pd ha votato in massa l’ex premier; dall’altra ha pesato di più visto che qui la ex Ditta era capace di mobilitare elettori. Ma secondo Swg, qualche bersaniano è andato a votare ai gazebo. «Siamo intorno al 3-4% dell’elettorato delle primarie», spiega Enzo Risso, direttore scientifico. In base ai questionari sottoposti prima del voto del 30 aprile, su 100 ‘scissionisti’ intenzionati ad andare ai seggi, «25 hanno scelto Renzi, 40 Orlando e 35 Emiliano».

Rosalba Carbutti

Articolo uscito il 2 maggio 2017

Twitter: @rosalbacarbutti

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