Roma, 11 gennaio 2016 - Il cielo è diverso stamattina. Con David Bowie va via un grande pezzo delle nostre vite, perché in pochi hanno saputo incarnare nel nome del rock così tanti aspetti, così tante sfumature dell'esistenza. Ha incarnato, lui nei suoi occhi dai due colori diversi, epoche di trasgressione e creatività rivoluzionaria, epoche di buio e di paura. Fino all'ultimo disco, questo straordinario "Blackstar", in cui ci si perdeva fino a qualche ora fa e che adesso diventa quasi impossibile da ascoltare perché è così, perché riesce nell'impossibile, è musica che incarna la sua morte.
Con Bowie si spegne un mondo intero di farla, la musica, e di ascoltarla. Farla sperimentando sempre e di più, inscenando nelle canzoni le odissee interiori, il senso di angosciata sconfitta di questa nostra condizione umana, pur sempre alla ricerca di un bagliore, di un riscatto, pur sempre consapevoli che è destino del bagliore spegnersi, è destino del riscatto la sua fuggevolezza. Va via un modo di ascoltarla, la musica, che era fatto di dischi di vinile da comprare aspettando mesi e da consumare solco su solco per i mesi, gli anni successivi; un mondo dove la musica rock era il viatico per mille altre arti, il cinema, la moda, la tecnologia, l'arte d'avanguardia, la letteratura.
Un amico lo ricorda quando cantò Heroes al tributo a Freddie Mercury, la interruppe, si inginocchiò, disse una preghiera, chiuse con un amen davanti alla folla in delirio. Ora Bowie non c'è più. Non c'è più niente che possiamo fare. Salvo essere certi che è per sempre una stella, che ci aspetta nel cielo.
Ecco David Bowie in 18 canzoni:
1966 - Rubber Band
1969 - Space Oddity
1970 - The Man Who Sold The World
1971 - Changes
1972 - Starman
1974 - Rebel Rebel
1977 - Heroes
1980 - Ashes to Ashes
1981 - Under Pressure
1982 - Cat People (Putting out fire)
1983 - Modern Love
1983 - China Girl
1983 - Furyo
1984 - Blue Jean
1986 - Absolute Beginners
2013 - Where are we now?
2016 - Blackstar
2016 - Lazarus