Domenica 5 Maggio 2024

I miei giorni da prigioniero

LORENZO BIANCHI

DI QUEI momenti difficili tornano alla mente piccoli particolari, inconvenienti e privazioni che non avresti mai immaginato. Un bene scontato diventò allora prezioso. Nei rubinetti della caserma a sud di Bassora nella quale eravamo vigilati da soldati della Guardia Repubblicana di Saddam non scorreva una goccia d’acqua. Attingevamo da una grande tanica piena di un liquido giallastro raccolto chissà dove. L’acqua pulita era un sogno anche per i carcerieri. Ho ancora davanti agli occhi il ricordo dei due soldati che si rassegnarono a tuffare una bottiglia di plastica nelle grandi pozze di pioggia che punteggiavano i cortili della caserma. Anche il cibo latitava. In otto giorni arrivarono due grandi vassoi pieni di quarti pollo. Divisi sempre il mio pezzo con un collega francese che rifiutava di muoversi dalla sua stanzetta perché si considerava un prigioniero di guerra e riteneva che i militari dovessero servirlo. Correva il 1991.

DIVAMPAVA attorno a noi la rivolta degli sciiti contro il regime. Alla colonna sonora delle cannonate dedicavamo un’attenzione spasmodica. Circolava la voce che saremmo stati liberati quando fossero finite. Nella seconda prigionia, quella del secondo conflitto del Golfo, anno 2003, un colpo di un carro armato americano si incaricò di ricordarci quanto il caso abbracci il nostro destino. I panni stesi ad asciugare sul terrazzo furono risucchiati dal vuoto d’aria del proiettile che devastò una suite, quattro metri sopra la stanza che condividevo con il collega Luciano Gulli all’Hotel Palestine di Bagdad. Morirono Taras Protsiuk, un cameraman della Reuters, e José Couso, giornalista della Cinqo spagnola. Quel pericolo non lo avevamo previsto. Il nostro incubo quotidiano erano invece le squadracce sanguinarie dei feddayn Saddam. Spadroneggiavano nella parte di città a est del Tigri che era ancora sotto il controllo del regime. Il nostro carceriere, il poliziotto Ali armato solo di una pistola, e l’attempato nonché corpulento militare munito di kalashnikov che girovagava nella hall dell’albergo non li avrebbero fermati. «Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie» scriveva Ungaretti dei soldati. Ho imparato il verso a memoria. E sono titolare di un bagaglio prezioso di esperienza: tutti i doni della vita, piccoli o grandi che siano, meritano di essere apprezzati.