Leo Turrini Dopo la notte di Oporto, meglio arrendersi. Mi spiego: forse c’è qualcosa di vero. Intendo nella curiosa leggenda metropolitana che accompagna la carriera di Simone Inzaghi. Infatti c’è un termine della lingua spagnola che pare gli si addica: “copetero”. Un allenatore “copetero” è quel mister che ottiene il meglio da una squadra nelle sfide secche. Nelle partita di Coppa, appunto. Il tecnico r non ha mai vinto uno scudetto e avanti di questo passo non lo vincerà mai. In compenso, calcolando anche il periodo laziale, è specializzato nell’alzare trofei. Non solo. Quando vennero sorteggiati i gironi di Champions, con l’Inter conficcata nel gruppo di Bayern e Barcellona, beh, quasi nessuno avrebbe scommesso sulla qualificazione dei nerazzurri (tra parentesi: bavaresi e catalani stanno capeggiando i loro campionati). Invece adesso ci ritroviamo la Beneamata tra le otto grandi di Champions. Cosa che non accadeva dal remoto 2011, una era geologica fa, la coda del mitico regno morattiano. E nemmeno un tifoso dichiarato come me riesce a dare un senso compiuto all’impresa, compiuta da un gruppo che ha recentemente collezionato due (2) punti nelle cinque partite con Monza, Empoli, Samp, Bologna e Spezia. Deve essere questo il rovescio della medaglia di Inzaghi copetero. Ultima cosa. Se stasera passa anche il Napoli, avremo tre italiane nei quarti di Champions. Tre su otto. Che sia il caso di riabilitare la nostra serie A?