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«Servono nuove norme per la sanità privata»

di
Donatella Barbetta
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La missione di Barbara Cittadini, 55 anni, è ben definita: valorizzare il ruolo della componente di diritto privato del Servizio sanitario nazionale. La presidente nazionale di Aiop è al vertice dell’Associazione Italiana dell’Ospedalità Privata dal 2018 e quindi ha vissuto l’emergenza Covid da un osservatorio privilegiato.

 

 

Presidente Cittadini, venerdì sarà a Bologna, a Palazzo Re Enzo, per aprire i lavori del vostro convegno nazionale intitolato ’Oltre il tetto di cristallo: superare la spending review per (ri)costruire il Servizio sanitario nazionale’. Qual è il cristallo da rompere?

 

«Siamo ricorsi a una metafora per far comprendere che siamo ’bloccati’ da una norma datata e non funzionale ai bisogni del sistema. Il tetto al quale ci riferiamo è quello fissato dall’articolo 15, comma 14 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 che, oltre a discriminare il valore e mortificare la potenzialità delle strutture sanitarie di diritto privato, ha depotenziato il ruolo programmatorio delle Regioni e impoverito l’offerta del Servizio sanitario nazionale. È questa la criticità dalla quale ripartire per ricostruire il Servizio sanitario nazionale».

 

 

Al di là del riferimento legislativo, che cosa contestate?

 

«Noi, componente di diritto privato del Servizio sanitario nazionale, dal 2012 subiamo una norma emergenziale, nata in quel periodo storico, che ci impone di erogare lo stesso numero di prestazioni del 2011 e, quindi, congela la nostra offerta sanitaria rispetto a una domanda di salute inevasa degli italiani, di dimensioni inaccettabili».

 

 

Da allora però la situazione è cambiata?

 

«Certo. Tuttavia, questa norma, da emergenziale, è divenuta strutturale e deprime qualitativamente e quantitativamente il sistema: la vita media si è allungata, l’innovazione tecnologica avanza rapidamente, ai cittadini dovrebbe essere garantita una offerta di cura più ampia ed elevata. E abbiamo tariffe datate che non tengono conto del rincaro delle materie prime, dei costi energetici, del gas e degli oneri contrattuali. Nel settore pubblico, invece, alla fine i conti si ripianano. Noi ci siamo anche posti il problema dell’incostituzionalità della norma, il cui superamento è un’esigenza già nota: ci sono state deroghe alla disposizione, a dimostrazione della consapevolezza diffusa dei suoi limiti».

 

 

Su quali punti?

 

«Nel 2019 c’è stato un aumento del 2% sul budget, ma non per sbloccare il vincolo. Riguardava, piuttosto, la compartecipazione delle Istituzioni al rinnovo del contratto per il personale non medico del comparto; nel 2020 sono state erogate ulteriori prestazioni sanitarie per affrontare l’emergenza; da ultimo, la Legge di Bilancio 2022-2024 ha prorogato a fine anno le misure straordinarie per l’abbattimento delle liste d’attesa».

 

 

Durante le ondate pandemiche, infatti, avete lavorato in sinergia con il pubblico.

 

«È così, non ci sono state differenze nel periodo emergenziale del quale stiamo, ancora oggi, gestendo le conseguenze: siamo stati un sistema. Temiamo, però, che di questa preziosa collaborazione non si sia fatto, davvero, tesoro. Si è immaginato che, per ricostruire il Servizio sanitario nazionale, fosse necessario costruire altro, quando c’è già l’esistente. I due pilastri, la componente di diritto pubblico e quella di diritto privato, devono lavorare in sinergia. E sicuramente non esploderebbe la spesa sanitaria».

 

 

Come può dirlo?

 

«La spesa sanitaria non andrebbe fuori controllo perché le Regioni, ogni anno, fanno una programmazione in base ai bisogni di salute della popolazione, così da avere una spesa coerente rispetto alla domanda differenziata di ogni territorio regionale. Noi firmiamo un contratto annuale con le Regioni. È questo il motivo per il quale la spesa sanitaria non può esplodere».

 

 

Che cosa si aspetta dal convegno?

 

«Registriamo che, parte del Governo, ha assunto la consapevolezza di quanto la normativa sia anacronistica e, probabilmente, incostituzionale. Noi ci auguriamo che, anche attraverso il nostro convegno, possa avviarsi una riflessione più concreta sul tema. Abbiamo dimostrato che le nostre strutture sono state fondamentali durante la fase più acuta della pandemia, abbiamo salvato migliaia di vite e siamo stati determinanti, anche, per il successo della campagna vaccinale. Noi ci sentiamo e siamo Sistema sanitario nazionale».

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