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Patologie mitocondriali, intervenire sulle mutazioni con la Pma

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Una buona notizia in termini di prevenzione delle patologie mitocondriali, malattie rare, trasmesse esclusivamente dalle madri ai figli, che colpiscono al mondo una persona su 4.300.  L’Italia si candida, infatti, ad essere il primo paese dell’Unione Europea a dotarsi di un provvedimento che gioca d’anticipo.

 

Promosso da Mitocon, l’organizzazione di riferimento in Italia per le persone affette da malattie mitocondriali, un percorso normativo è stato presentato a Roma, presso l’Istituto Luigi Sturzo e vede primo firmatario il Senatore Ignazio Zullo. Il disegno di legge in esame sulla sperimentazione delle tecniche di sostituzione mitocondriale all’interno della procreazione medicalmente assistita, interviene solo sulle mutazioni che riguardano il mtDNA contenuto nei mitocondri, le centrali energetiche del nostro organismo. Accertata la funzionalità della metodica, sarà possibile offrire la tecnica nell’ambito del Ssn alle donne portatrici di mutazione mitocondriale.

 

“L’adozione di questa legge delega ci consentirà di partire con il progetto pilota che da anni stiamo mettendo a punto con la collaborazione di Mitocon e la Pgt Unit di Padova, composta dalle Unità Operative di Genetica Clinica e di Pma – commenta Daniela Zuccarello, medico genetista dell’Azienda Ospedale Università di Padova. L’elevata competenza scientifica in ambito embriologico e genetico presente in Italia consentirà in breve tempo, facendo tesoro degli errori e dei traguardi già raggiunti dai colleghi extra-EU, di completarne la fase di messa a punto”.

 

Zullo, membro della Commissione Affari sociali del Senato, ha commentato: “È fortemente sentita una regolamentazione che da una parte guardi al lato etico e morale di queste procedure che non devono assolutamente interessare il Dna nucleare ovvero il genoma della persona, dall’altra consentire in coppie con diagnosi di mutazione del mtDNA di accedere a queste tecniche con finalità di prevenzione. Un approccio precauzionale che non liberalizza queste tecniche ma che le accentra in un centro sperimentale individuato dal Ministero della Salute. La proposta di legge è una base sulla quale costruire un confronto professionale, politico e sociale tanto necessario perché si ha scarsa consapevolezza di queste patologie. Sta ora al Parlamento esprimersi in merito, magari con audizioni di esperti nelle Commissioni”.

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