Wwf living planet: il Covid è un segnale che la natura ci manda

Utilizzando i dati di 4.392 specie e 20.811 popolazioni, l'Indice globale del pianeta vivente del 2020 mostra un calo medio del 68% nelle popolazioni monitorate

La Deforestazione massiccia (Alain Compost)

La Deforestazione massiccia (Alain Compost)

Roma, 10 settembre 2020 - Il Covid 19 è solo l'ultimo avvertimento. La distruzione della natura è una minaccia al benessere del pianeta e alla salute della popolazione umana. A confermarlo il Living Planet Report 2020 lanciato oggi dal Wwf al livello internazionale in cui si misura la riduzione delle popolazioni  globali di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci: l’analisi 2020 mostra un calo medio di due terzi avvenuto in meno di mezzo secolo, causato in gran parte dalla distruzione degli ecosistemi che sta anche contribuendo all'emergere di malattie zoonotiche come il Covid-19.

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"La biodiversità, per come la conosciamo oggi, afferma il rapporto,  è fondamentale per la vita dell’uomo sulla Terra e le prove sono inequivocabili: la stiamo distruggendo a un ritmo senza precedenti. Il più importante fattore diretto della perdita di biodiversità nei sistemi terrestri durante gli ultimi decenni è stato il cambiamento dell’uso dei suoli e, principalmente, la conversione di habitat primari incontaminati in sistemi agricoli, mentre la gran parte degli oceani è stata oggetto di pesca eccessiva. A livello globale, il cambiamento climatico non è stato finora il più importante fattore responsabile della perdita di biodiversità, ma nei prossimi decenni si prevede che assumerà un’importanza pari o superiore a quella degli altri fattori. La perdita di biodiversità non è solo una questione ambientale, ma riguarda anche lo sviluppo, l’economia, la sicurezza, l’etica e la morale. È anche una questione di “autoconservazione”.

"Il Covid-19 - avverte infatti il Wwf - è un segnale che la natura ci sta mandando. Infatti, suona come un vero e proprio SOS per la società umana, mettendo chiaramente in luce la necessità di vivere entro lo “spazio operativo sicuro” (S.O.S.) del pianeta. In caso contrario, le conseguenze ambientali, sanitarie ed economiche sarebbero disastrose. Ora più che mai i progressi tecnologici ci permettono di ascoltare questo segnale e di comprendere meglio il mondo naturale .I dati del Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) mostrano che le riserve globali di capitale naturale pro capite sono diminuite di quasi il 40% dai primi anni ’90, mentre il capitale prodotto è raddoppiato e quello umano è aumentato del 13%. Ma troppo pochi dei nostri decisori economici e finanziari sanno interpretare questi segnali, o, peggio ancora, scelgono di ignorarli. Un problema fondamentale risiede nella discrepanza tra la “grammatica economica” artificiale che guida le politiche pubbliche e private e la “sintassi della natura” che determina come il mondo reale funziona. Il risultato è che perdiamo questo messaggio ". 

Il Living Planet Index (LPI), fornito dalla Zoological Society of London (ZSL), mostrai che i fattori ritenuti in grado di aumentare la vulnerabilità del pianeta alle pandemie, come il cambiamento dell'uso del suolo e l'utilizzo e il commercio di fauna selvatica, sono gli stessi che hanno determinato il crollo delle popolazioni di specie di vertebrati tra il 1970 e il 2016 il cui valore medio globale si attesta intorno al 68% di perdita. Gli impatti economici del declino della natura costeranno al mondo almeno 479 miliardi di dollari all'anno, aggiungendo fino a circa 10 trilioni di dollari entro il 2050, secondo il WWF, il Global Trade Analysis Project e il rapporto Global Futures del Natural Capital Project.

Le specie in via di estinzione analizzate nella LPI includono il gorilla di pianura orientale, il cui numero nel Parco Nazionale Kahuzi-Biega (Repubblica Democratica del Congo), ha visto un calo stimato dell'87% tra il 1994 e il 2015, principalmente a causa della caccia illegale, e il pappagallo cenerino in Ghana sud-occidentale, il cui numero è diminuito fino al 99% tra il 1992 e il 2014 a causa delle trappole usate per il commercio di uccelli selvatici e la perdita di habitat. L'LPI, che ha monitorato quasi 21.000 popolazioni di oltre 4.000 specie di vertebrati tra il 1970 e il 2016, mostra anche che le popolazioni di fauna selvatica che si trovano negli habitat di acqua dolce hanno subito un calo dell'84%, il calo medio della popolazione più netto tra tutti i bioma, equivalente al 4 per cento all'anno dal 1970. Un esempio è costituito dalla popolazione riproduttiva dello storione cinese nel fiume Yangtze in Cina, diminuita del 97% tra il 1982 e il 2015 a causa dello sbarramento del corso d’acqua.

A fianco delle statistiche allarmanti, ci sono però esempi di alcuni casi che mostrano il potenziale di ciò che possiamo ottenere con un’azione immediata, collettiva e decisa. È il caso delle popolazioni di alcune specie come la tartaruga caretta nel Simangaliso Wetland Park, Sud Africa, lo squalo pinna nera del reef (Carcharhinus melanopterus)  nell’Ashmore Reef in Australia occidentale o il castoro europeo (Castor fiber) in Polonia, o di quelle di tigri e panda, aumentate nel loro numero globale (a parte alcune popolazioni locali a forte rischio) insieme al risultato di protezione marina globale , salita al 6% inclusa la creazione dell’Area Marina Protetta del Mare di Ross in Antartide. Bisogna concentrarci su iniziative come queste e affiancare una politica globale e un’azione del mondo imprenditoriale per proteggere e ripristinare la natura.

"Il Living Planet Report 2020 sottolinea come la crescente distruzione della natura da parte dell'umanità stia avendo impatti catastrofici non solo sulle popolazioni di fauna selvatica, ma anche sulla salute umana e su tutti gli aspetti della nostra vita", ha affermato Marco Lambertini, Direttore Generale del WWF Internazionale. "Non possiamo ignorare questi segnali: il grave calo delle popolazioni di specie selvatiche ci indica che la natura si sta deteriorando e che il nostro pianeta ci lancia segnali di allarme rosso sul funzionamento dei sistemi naturali. Dai pesci degli oceani e dei fiumi alle api, fondamentali per la nostra produzione agricola, il declino della fauna selvatica influisce direttamente sulla nutrizione, sulla sicurezza alimentare e sui mezzi di sussistenza di miliardi di persone”.

"La natura è alla base della nostra salute, del nostro benessere e dei nostri mezzi di sussistenza, eppure la stiamo distruggendo molto più velocemente di quanto sia in grado di ricostituirsi”. sottolinea  la presidente del WWF Italia Donatella Bianchi che aggiunge: "Nel mezzo di una pandemia che colpisce tutto il pianeta è più che mai importante intraprendere in tempi brevissimi un'azione globale coordinata per arrestare e invertire entro la fine del decennio la perdita di biodiversità in tutto il mondo, proteggendo in questo modo la nostra salute. Il Living Planet Report raccoglie l’ennesimo SOS lanciato dalla Natura che, questa volta, i leader mondiali che si riuniranno (virtualmente) tra pochi giorni per la 75^ sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, non possono ignorare”.