La Russia sprofonda: metà dei cittadini ha paura e non crede più a Putin. Giovani in fuga

Ora prevale l’ansia, l’orgoglio nazionalista raccoglie appena il 22%. L’opinione pubblica si interroga sul futuro: "Chi farà affari con noi dopo?". E la Banca mondiale non fa sconti: giù il Pil di 6 punti

I sondaggi danno un gradimento nei confronti del presidente Vladimir Putin ancora superiore al 70 per cento, per quanto in calo rispetto al plebiscitario 84 per cento del 2014. Ma in Russia, da mesi, è il caos e l’annuncio della mobilitazione parziale non ha fatto altro che peggiorare la situazione. Secondo un report dell’Istituto Levada di Mosca, considerato l’unico indipendente del Paese, dopo l’annuncio della mobilitazione parziale da parte di Mosca, il sentimento predominante nella popolazione è ansia o paura (47 per cento) seguito da stordimento (23 per cento). L’orgoglio patriottico raccoglie appena il 22 per cento e non parliamo della indignazione, che si ferma al 13 per cento. A settembre, a sostenere l’operazione militare speciale era il 44 per cento dei rispondenti al messaggio contro il 52 per cento dello scorso marzo.

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Vladimir Putin (Ansa)
Vladimir Putin (Ansa)

Alcuni giornalisti indipendenti hanno riportato che ieri nel centro di Mosca, mentre tutte le televisioni nazionali trasmettevano le immagini della pioggia di missili sull’Ucraina, le scene di giubilo sono state davvero poche. Al contrario, la gente è preoccupata, soprattutto quelli che potrebbero venire reclutati a causa della mobilitazione parziale, annunciata da Putin il 21 settembre scorso. Hanno paura di andare al fronte, si chiedono quanto ancora durerà questa guerra, ma soprattutto che cosa succederà dopo. Oltre ai risultati deludenti dal punto di vista militare, infatti, bisogna tenere conto che della situazione economica, che definirla poco florida è un eufemismo. Il primo ministro, Mikhail Mishustin, ha dichiarato che l’economia nazionale tornerà a crescere fra il 2024 e il 2025 dopo essersi adattata "a sanzioni che non hanno precedenti". Però si è guardato bene dal fare una stima su quanto perderà quest’anno. Il ministero per lo sviluppo economico, ha previsto che il Pil si contrarrà fra il 2,7 e il 4,2%. E se fosse così andrebbe già bene. La Banca Mondiale ha previsto che il calo della crescita potrebbe arrivare fino al 6%.

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Va poi considerato che alcune sanzioni inizieranno a fare sentire concretamente il loro peso fra l’autunno e l’inverno. Insomma, per i russi, il peggio potrebbe ancora arrivare, come se oltre 1.000 grandi brand stranieri che hanno lasciato il Paese, decine di negozi che hanno chiuso e alcuni prodotti che iniziano a mancare dai supermercati non fossero già abbastanza.

Eppure per molti il futuro è incerto e l’annuncio della prima mobilitazione, per quanto parziale, dopo ottant’anni ha dato vita a un vero e proprio assalto dei bancomat e a lunghe code nelle filiali degli istituti di credito per prelevare più contate possibile. C’è poi chi, scappando, i soldi se li è proprio portati altrove. In Georgia, dall’inizio della guerra, sono stati aperti oltre 45mila conti corrente intestati a cittadini russi. Tutte risorse, di capitale umano e finanziario che escono. E chi rimane si scopre sempre più povero, anche a causa dell’inflazione, che secondo le stime intorno a fine anno dovrebbe essere intorno al 13%. Troppo, per un Paese dove il 20% ha dichiarato di aver visto i suoi risparmi erosi.

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