Brasile, l'Amazzonia brucia. Scambio di accuse tra Bolsonaro e ong ambientaliste

Il presidente, nel mirino per le sue politiche a favore di agricoltura e allevamento in zone protette, risponde insinuando che siano proprio le associazioni non governative ad appiccare gli incendi

Amazzonia in fiamme, accuse a Bolsonaro (Ansa)

Amazzonia in fiamme, accuse a Bolsonaro (Ansa)

San Paolo (Brasile), 22 agosto 2019 - Mentre l'Amazzonia brucia, è scambio di accuse tra ambientalisti e presidente Jair Bolsonaro. Le immagini degli incendi nel polmone verde sudamericano preoccupano i brasiliani, ma non solo. Il capo di Stato è nel mirino di molti: dagli scienziati alle popolazioni indigene, passando per le ong per la tutela dell'ambiente in Amazzonia. Sul presidente brasiliano sono piovute critiche soprattutto per la sua politica a sostegno dello sviluppo delle coltivazioni agricole e l'allevamento, e per lo sfruttamento minerario in zone protette. Ma Bolsonaro è passato al contrattacco e ha risposto puntando il dito contro proprio le ong, insinuando che queste hanno provocato i roghi per reagire al taglio dei finanziamenti deciso dal suo governo di destra.

L'Amazonia, secondo i dati diffusi dall'Inpe, l'istituto nazionale per la ricerca spaziale, sta andando in fumo, e il ritmo è aumentato da quando a gennaio si è insediato il neopresidente. Secondo l'Inpe nel 2019 si sono registrati oltre 74mila incendi, il record da quando le rilevazioni sono cominciate nel 2013. A questo si è aggiunta, lunedì pomeriggio, una nube nera che ha avvolto la metropoli di San Paolo. Il fumo denso arrivava dagli incendi negli Stati di Amazzonia e Rondonia, che si trovano a oltre 2.700 chilometri di distanza. 

Il fumo avvolge Porto Velho, stato di Rondonia, Brasile (Ansa)

I dati hanno scatenato l'ira di Bolsonaro, che ha risposto attaccando opposizione e ong, colpevoli, secondo lui, di aver scatenato l'inferno per vendicarsi del taglio dei finanziamenti pubblici. E tutto ciò sta accadendo mentre proprio il Brasile ospita, a Salvador de Bahia, la settimana del clima: una riunione regionale sul cambiamento climatico coordinata dall'Onu a cui partecipano 3mila delegati di 26 Paesi. 

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Da ieri vola l'hashtag #PrayforAmazonas, e su Twitter è un trending topic mondiale. Ma l'indignazione non monta solo in Brasile, e sui social, ma anche all'estero dove si sono avute dure reazioni alle politiche di Bolsonaro: Norvegia e Germania, i due principali contribuenti del 'Fondo Amazzonia' del governo brasiliano per finanziare la protezione della foresta, hanno sospeso le loro donazioni in aperta polemica con le posizioni del presidente. 

Bolsonaro a giugno aveva licenziato il direttore scomodo dell'Inpe, Ricardo Galvão, accusandolo di diffondere fake news sulle reali dimensioni della deforestazione dell'Amazzonia per minare il suo governo. Ora nel mirino del capo di Stato ci sono proprio i colleghi dell'Inpe di Galvão, sotto accusa per dati che "non sono collegati alla realtà", e per questo danneggiano l'immagine del Paese all'estero, secondo il presidente.

In realtà sarebbe proprio la politica di Bolsonaro a favorire i roghi, che verrebbero appiccati nel tentativo di deforestare illegalmente e fare spazio a ranch per l'allevamento del bestiame. Inoltre proprio la deforestazione, per Paulo Moutinho, ricercatore dell'Istituto di ricerca ambientale sull'Amazzonia (Ipam) è la "causa principale" dell'aumento degli incendi nell'Amazzonia brasiliana.

Anche la Commissione europea ha espresso riserve sulla situazione in Amazzonia: "Siamo profondamente preoccupati dai numerosi incendi illegali vicini o dentro la foresta amazzonica. L'Unione europea sta monitorando la situazione", pubblicando sul suo account Twitter una fotografia satellitare degli incendi realizzata con il sistema Copernicus. "Chiediamo a tutti i partner di unirsi a noi e proteggere e restaurare le foreste mondiali", chiude il post.

Immagini dal satellite degli incendi in Amazzonia