Qatargate, il sistema Panzeri e la grande ragnatela: trema tutta la sinistra

L'ex eurodeputato del Pd e Articolo 1 aveva contatti con quasi tutte le persone coinvolte nel Qatargate. Nel mirino della procura belga diversi assistenti di nostri eurodeputati

Trema Strasburgo, ma trema anche il Nazareno. Inteso non solo come direzione del Pd, ma come luogo simbolico dell’intera sinistra italiana. Già, perché lo scandalo – sempre che le accuse si rivelino fondate – ha due corni. Il primo è l’Europarlamento: anche se le persone coinvolte sono nella stragrande maggioranza italiane, il sospetto di trovarsi di fronte a un sistema di corruzione diffuso, è inevitabile. L’altro corno però riguarda la "nostra" sinistra: vero è che in Belgio si parla di ’Italian connection’ o di ’Italian job’ ma, per ora, si tratta di italiani di sinistra, anzi di sinistra-sinistra, quella che vorrebbe tornare alle origini socialdemocratici del Pds. Il sindacato, la ditta di Bersani, quella parte di LeU che si chiama oggi Articolo uno ma la cui vicenda, malgrado la separazione, non è scindibile da quella del Pd. Non è un caso se osservati speciali a Strasburgo dai socialisti, sono gli eurodeputati del Pd chiamati a garantire che la vicenda non si allarghi. Una sorta di nemesi per chi della questione morale aveva fatto un marchio di fabbrica.

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L’ex eurodeputato del Pd e Art. 1, Antonio Panzeri, 67 anni
L’ex eurodeputato del Pd e Art. 1, Antonio Panzeri, 67 anni

Per esser chiari: l’ex europarlamentare Antonio Panzeri – accusato di essere tra gli animatori del Qatargate – nella sinistra milanese e nella Cgil è un nome pesante. Premesso che eventuali responsabilità sono da dimostrare e in molti casi non si va oltre i sigilli apposti agli uffici – il puzzle ha altri tasselli. Agli arresti c’è anche Francesco Giorgi, compagno della vicepresidente Kaili e collaboratore di Andrea Cozzolino – storico volto del partito campano, considerato per anni vicino ad Antonio Bassolino – che ieri ha rinunciato alla sua attività di coordinatore delle emergenze. In carcere c’è pure Niccolò Figà-Talamanca, segretario generale della Ong Non c’è pace senza giustizia (da cui si è autosospeso), per la verità più radicale che Pd. Epperò, la procura belga ha messo i sigilli a vari euro-uffici dell’ala socialista e democratica. È successo alla stanza dove lavora Federica Garbagnati, nell’ufficio dell’eurodeputata del Pd, Alessandra Moretti, di cui è assistente, che spiega: "Io sono estranea alla vicenda. La mia collaboratrice non è stata interrogata, ha subito una perquisizione".

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Nel mirino pure l’ex deputato Davide Zoggia, fedelissimo di Pierluigi Bersani, ora nello staff di Pietro Bartolo: "Si è trovato implicato perché abitava in subaffitto nella casa di Meroni. Su Davide metto la mano sul fuoco", dice Bartolo che ha lasciato la posizione di relatore ombra sul testo di liberalizzazione dei visti al Qatar. Anche Giuseppe Meroni, collaboratore della forzista Lara Comi, è stato sigillato. Come Donatella Rostagno, alle dipendenze dell’italo-belga Maria Arena (che ha lasciato la presidenza della commissione per i diritti umani). E uno degli assistenti italiani dell’eurodeputato socialista italo-belga, Marc Tarabella. Tutti, indipendentemente dalla collocazione attuale, hanno avuti rapporti stretti con Panzeri.

È presto per trarre conclusioni, eppure l’effetto choc c’è già stato. Perché il caso è clamoroso, perché la figura al centro dell’indagine è un pezzo forte della sinistra lombarda, perché lo scandalo arriva dopo quello di Aboubakar Soumahoro, preso di mira senza neppure essere indagato. Ma il dubbio che affligge la sinistra – inclusa l’area ’più pura’ - è di natura culturale, e cioè che l’interesse personale abbia preso il sopravvento, non necessariamente in forme illegali, sull’azione politica.