Il fantasma del lockdown si aggira per l’Europa. Lo ha già deciso la Germania dal 16 al 10 gennaio, l’Olanda per cinque settimane, Londra dal 16 al 23 dicembre. E la vera battaglia che si combatte in queste ore tra rigoristi e aperturisti nostrani – fatto salvo che la mobilità verrà ulteriormente limitata ben oltre quanto previsto dal Dpcm del 3 dicembre – è quella se bloccare o meno i negozi e i ristoranti. La chiusura, in periodo festivo, avrebbe un impatto economico notevole, e si tradurrebbe in una mazzata definitiva per molti esercizi commerciali, e questo agita le forze poltiche.
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L’ipotesi che si sta discutendo in queste ore è quella di optare per un innalzamento temporaneo e omogeneo per tutto il territorio nazionale (da vedere se in un blocco unico di 9 o 14 giorni o in più blocchi legati a festività natalizie e domeniche per totali dieci giorni) al livello arancione. Questo, pur chiudendo i confini comunali, consentirebbe di tenere aperti i negozi, i parrucchieriestetisti e gli altri servizi alla persona mentre i ristoranti e le altre attività di ristorazione, compresi bar, pasticcerie e gelaterie, sarebbero aperti esclusivamente per la vendita da asporto, consentita dalle 5 alle 22, e per la consegna a domicilio, consentita senza limiti di orario. E i commercianti in rivolta nei cortei gridano all’incubo "bancarotta".
Il governo vorrebbe aggiungervi un allungamento del ’coprifuoco’ che potrebbe scattare alle 20, almeno dal 25 al 6 di gennaio (per dare fino al 24 la possibilità ai negozianti di smaltire la forte domanda di acquisti natalizi e consentire comunque la messa di Natale il 24). Probabile anche una chiusura dal 24 al 3 gennaio dei centri commerciali, esclusi i supermercati, i tabaccai, le edicole e le farmacieparafarmacie che si trovano al loro interno. Sempre chiuse le aree sciistiche, sospese anche le attività di palestre, piscine, centri natatori, centri benessere e centri termali. Se l’Italia diventerà zona arancione, o peggio, zona rossa, scatteranno nuovi aiuti alle categorie penalizzate, su questo il ministro dell’Economia Gualtieri ha già dato disco verde. Il problema è quanto riconoscere.
"Ulteriori restrizioni – ha chiesto il ministro del’Agricoltura e capodelegazione di Iv, Teresa Bellanova – devono prevedere adeguati ristori, pari al 100% delle perdite, soprattutto se dovessero coinvolgere anche i ristoranti, eventualità su cui resto enormemente scettica perché chiudendo i ristoranti non si farà altro che aumentare il numero dei pranzi e delle cene allargate nella case, dove la garanzia del distanziamento sociale non è controllabile". L’ipotesi di una chiusura dei ristoranti manda su tutte le furie lo chef Gianfranco Vissani: "Prima di decidere il da farsi, il governo ci dia i soldi per pagare dipendenti e fornitori. A Natale e Capodanno tutti i ristoranti dovrebbero decidere se restare aperti". Dall’esecutivo arriva un appello ad una sorta di autocontrollo. "Dobbiamo assolutamente evitare gli assembramenti. È legittimo che le persone possano fare acquisti – ha sottolineato il ministro della Salute Roberto Speranza – ma dobbiamo evitare gli assembramenti".
Anche per questo è probabile che alle misure nazionali che verranno decise sui affianchi un più esteso utilizzo da parte dei prefetti e dei sindaci del potere di ordinanza previsto dal Dpcm del 3 dicembre per chiudere singole strade e piazze.