Coronavirus, ecco perché il dato sui tamponi è un bluff

Il totale non rispecchia le persone esaminate: ai guariti vengono fatti almeno 3 test. E ogni Regione diffonde le cifre a proprio modo

Ricercatori al lavoro contro il Coronavirus (FotoFiocchi)

Ricercatori al lavoro contro il Coronavirus (FotoFiocchi)

Roma, 27marzo 2020 - La matematica non è un’opinione. E i numeri sono quelli. Da sempre. Si possono scomporre, suddividere, analizzare e interpretare. Ma, mai, si possono dare a caso o celare. Eppure è ciò che accade in questo momento con i numeri relativi ai tamponi eseguiti e a quello delle persone effettivamente testate. Il primo lo conosciamo e il secondo no. E non è una sottigliezza solo per fini studiosi di matematica. Poter disporre di questo dato, infatti, ci consentirebbe di conoscere la reale portata dalla pandemia da Coronavirus nel nostro Paese. E, da qui, implementare le migliori misure di contenimento. Proviamo, dunque, a districarci in questa Babele di numeri. Stando ai dati della ultima conferenza stampa della Protezione civile i contagiati rilevati in Italia sono 80.539 ( 61.917 attualmente positivi, 10.361 guariti e 8.261 morti) mentre i tamponi effettuati, dall’inizio della crisi a oggi, sono stati 361.060. Questo significa che la percentuale relativa al rapporto positivi-tamponi è del 22,3%. Percentuale destinata a salire se la calcolassimo sul numero delle persone testate, visto che nella frazione il numeratore rimarrebbe uguale e il denominatore diminuirebbe. E questo non è un bel segnale.

Ma perché è importante conoscere il numero delle persone testate? A spiegarcelo sono alcune discussioni tra addetti ai lavori, di cui hanno dato conto per primi, i siti YouTrend e IlPost. "Si potrebbero avere – spiegano – numeri più precisi su quanti siano i pazienti con Coronavirus che non stiamo registrando perché stiamo facendo i tamponi soltanto ai sintomatici, e in diverse regioni soltanto ai sintomatici gravi, senza testare gli asintomatici e i paucisintomatici (cioè chi ha sintomi più lievi". Per farci un’idea guardiamo a cosa accade in Corea del Sud. Lì, dove è stata effettuata una rete di tamponi a tappeto includendo anche gli asintomatici e i paucisintomatici, la percentuale di casi confermati sul totale dei tamponi è di circa il 2,5%. Una bella differenza.

Ma facciamo un passo indietro. Come detto noi conosciamo il numero delle persone contagiate in Italia (80.539), che corrispondono a una parte dei tamponi positivi riscontrati fin qui. Soltanto a una parte, appunto. Dai dati forniti dalle regioni emerge che il numero di tamponi positivi è sempre maggiore del numero di casi di contagio accertati. In Toscana, per esempio, i tamponi positivi mercoledì 25 marzo sono stati 3.351, mentre i casi di contagio accertati erano 2.972. In Lombardia, martedì 24 marzo, i tamponi positivi erano 31.860, i casi di contagio 30.703. Perché differenze così marcate? Le ragioni possono essere diverse: "Un primo test a un paziente era risultato positivo soltanto debolmente, per esempio, ed è quindi stato ripetuto; oppure un paziente in via di guarigione è stato sottoposto troppo presto al test per rilevarne la ‘negativizzazione’".

L'altro scarto è tra le persone risultate negative – cioè la parte che manca per capire il totale delle persone testate, e che andrebbe sommata ai casi di contagio – e il numero di tamponi negativi eseguiti dalle regioni. Sempre in Toscana, il numero di persone sottoposte a un test negativo è stato di 13.005, per un totale di tamponi negativi di 13.629. Uno scarto molto limitato, che dipende però dal basso numero di guariti registrati nella terra di Galileo, e quindi dei pochi "doppi tamponi negativi". In altre regioni, e in particolare in Lombardia, questa differenza è molto più significativa.

Ma c'è un problema di non poco conto. Il dato della Lombardia, che sarebbe interessante visto che è la regione con la stragrande maggioranza di casi, non è disponibile pubblicamente e non è stato fornito (sino a questo momento) ai giornalisti che lo hanno richiesto. Così avere il dato delle persone testate rischia di essere impossibile. Anche perché a gestirli sono direttamente le regioni e non tutte li rendono pubblici (la Toscana sì, il Piemonte no). Eppure conoscere quel dato sarebbe importante per avere la reale portata della pandemia nel nostro Paese. Non c’è un altro modo? Qualcuno sostiene che si possa ricavare sottraendo al numero totale dei tamponi il doppio del numero dei guariti. L’ipotesi è che basti sottrarre i due tamponi (negativi) fatti alle persone conteggiate come guarite per trovare più o meno il numero delle persone testate. Ma, nella pratica, anche questa è una strada in salita. I guariti di Covid-19 infatti possono essere di due tipi, ‘virali’ e ‘clinici’. I primi sono effettivamente stati sottoposti a due tamponi negativi, a distanza di almeno 24 ore. I secondi invece semplicemente non mostrano più i sintomi della malattia, ma possono non avere ancora fatto i tamponi che ne accertino la guarigione, o possono averne fatto solo uno. E ci risiamo. È come avere in mano un cubo di Rubik. E tutto per colpa dei numeri. Che dovrebbero essere quelli. Punto. E, invece, nessuno li dà in maniera completa. E il rebus resta. Proprio come il virus.