Buongiorno, sono un Palloncino. E come tutti i palloncini, appena posso, volo via. Uno spasso. Per me stesso, perché sentirsi libero come l’aria è un piacere leggero. Per i bambini, perché una volta che mi sono slacciato dal polso, prima ci restano male, poi passano le ore a cercare tra le nuvole dove sono finito. Anche tra i più grandi abbiamo un certo pubblico, io e i miei amici, quando assieme ci lanciamo in cielo nel gran finale di happy hour, apericene, manifestazioni e perfino matrimoni. Tutto questo fino all’altro giorno. Ora non si può più. Per legge. Ricomincio: buongiorno, sono un Palloncino Prigioniero. Ho la sfortuna di abitare a Trento (cioè: di essere legato al polso di un bambino di Trento). C’era scritto anche sui giornali: “La terza commissione del Consiglio Provinciale trentino ha approvato all’unanimità il disegno di legge 70 che stabilisce il divieto di liberare palloncini nell’aria per contrastare la dispersione di plastica nell’ambiente”. Capito? Mi trattano come un rifiuto. Ora non vorrei sembrarvi un Palloncino Gonfiato, ma il troppo è troppo. Sentite qua: “Il provvedimento è formato da un solo articolo che applica ai trasgressori la sanzione già prevista per l’abbandono di rifiuti inquinanti”. Offendono, pure. Avvisate Greta Thunberg, l’ecologista, nemmeno lei sarebbe d’accordo, sono sicuro, in fondo è ancora una bambina, insomma, quasi. Mollano nello spazio rottami di astronavi e io non posso farmi un giretto in cielo? C’è aria di rivolta. Anche questo l’ho letto su un giornale, proprio in questi giorni: “Palloncino lanciato a un matrimonio vola dalla Svizzera al lago di Garda”. Un eroe. Aveva attaccato un biglietto: “Love is in the air”. Un grido di battaglia. E allora, leviamoci in volo tutti assieme, andiamo a Sud, conquistiamo la Riviera romagnola, e più giù il Conero, e dovunque ci sia buon vento. No, occorre qualcosa di più clamoroso. Trovato! Buongiorno, sono un Palloncino, da questo momento non sentirete più parlare di me: per protesta mi sgonfio. Ssssst.
Gianluigi Schiavon
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