La cultura del sospetto ha una benda sugli occhi. Perciò prende la mira e spara a casaccio. Bam! Bersaglio sbagliato. La professoressa di un liceo a Verona ha costretto una studentessa di 15 anni a bendarsi con una sciarpa mentre rispondeva durante una interrogazione in Dad, didattica a distanza. Motivo? La ragazza dava risposte troppo precise. E la professoressa si è insospettita: forse sta barando e approfitta della postazione casalinga per leggere da qualche parte le cose giuste da dire. Così, bam!, in mancanza di prove è scattato il bendaggio.

La cultura del sospetto non conosce ostacoli o remore. È un passe-partout che apre ogni porta del dubbio. Nelle circostanze più diverse. Ma con un finale spesso simile. Quel tizio è un immigrato, sbarcato da un gommone, probabilmente è un delinquente. Bam! Bersaglio sbagliato. Quella tipa è bella, ha fatto carriera, chissà cosa ha combinato. Bam! Bersaglio sbagliato. Zaki è un pericoloso sovversivo. Bam! Bersaglio sbagliato. L’attacco alle Torri Gemelle è stato un complotto (americano). E la pandemia Covid un altro complotto (mondiale). Bam! Bam!

La cultura del sospetto è come un buon detersivo. La puoi usare con tutto. Smacchia la verità. E costa poco: solo la fatica di sollevare un dubbio, più una dose adeguata di faccia tosta. Le controindicazioni? Basta non considerarle. La studentessa bendata di Verona, la cui foto mascherata ha fatto il giro del web, ha raccontato: “Mi sono sentita umiliata e trattata come se avessi imbrogliato”. C’è il ragionevole sospetto che la sua professoressa non sia stata sfiorata dal dubbio che quella ragazza avesse semplicemente studiato. E se non fosse così, quella stessa insegnante dovrebbe domandarsi perché. E ricominciare daccapo. Lezione numero uno: non si gioca a mosca cieca con la verità.

Gianluigi Schiavon