Il bambino con la pistola ha dimenticato la faccia da assassino nella scatola dei giochi. Ha 13 anni che non dimostra ma pesano sul cuore come cento, e in testa parole che sembrano una bugia: “Fallo tu, sparagli a quello, tanto sei piccolo e non ti arrestano”. Così ha detto lo zio e lui gli ha creduto, perché i grandi sanno sempre qual è la cosa giusta da fare. Il bambino con la pistola è andato ad ammazzare quel tizio in bicicletta, quella che usa per andare a scuola. In mano ha una calibro 22, a tamburo, con matricola abrasa: non è un giocattolo, però ci assomiglia. “Tieni, usa questa” sono le parole che gli tornano in mente, mentre si chiede perché non abbia saputo dire di no. Nei film i cowboys sparano chiudendo un occhio per mirare. Lui li chiude tutti e due quando preme il grilletto. Poi li riapre e il tizio è per terra sanguinante. È ancora vivo. Non è nemmeno morto per finta come nei film. I pensieri si confondono. Il bambino con la pistola scappa via pedalando veloce, per sfuggire ai dubbi. Due giorni dopo, mentre portano lo zio in galera e lui in un posto che chiamano comunità “protetta” (protetta da chi?, pensa) il bambino con la pistola sente dire da qualcuno che tutta la faccenda è nata per una ragazza “contesa” e per un “rivale” da punire. Altre parole incomprensibili e altre ragioni che mancano, come per la calibro 22 e la matricola abrasa, per lo sparo e il sangue sul marciapiede, per la morte che pare finta. Robe da grandi, altra spiegazione non c’è. Quando uscirà da quella comunità il bambino con la pistola andrà a prendere la scatola dei giochi, ci butterà dentro la fiducia nei grandi, le bugie che sembrano vere e le verità che si trasformano in menzogne, i no che non si riescono a dire e i sì che è meglio non dire. E la faccia da assassino che non ha mai avuto. Poi chiuderà la scatola e la butterà via.
Nota per il lettore: quello che avete letto non è un racconto, ma una storia vera. È successo a Montichiari, nella Bassa bresciana, pochi giorni fa. Lo zio, 27 anni, è finito in carcere come mandante dell’agguato, indagato per tentato omicidio, aggravato dalla premeditazione e dall’induzione di minore alla commissione di un delitto, e per detenzione di arma clandestina. Il tredicenne, non imputabile per l’età, è stato affidato ai servizi sociali. Il giudice ha scritto nell’ordinanza che “il minore è stato sottoposto a un’insopportabile tensione emotiva”. Altre parole strane, fredde e insufficienti a descrivere la paura di un bambino con la pistola. Robe da grandi.
Gianluigi Schiavon
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