Tra miseria e nobiltà il riscatto di un senzatetto si compie in due mosse: un colpo di fortuna e un gesto di generosità. Una storia così sarebbe piaciuta a Totò. Ne avrebbe fatto un film intitolandolo: “La grande vittoria”. Il protagonista ha un nome importante, Zelindo, e una sola ricchezza: saper scommettere sulle partite di calcio. Ed è così che ha fatto gol: 2700 euro vinti sull’unghia, né molti né pochi, sicuramente benvenuti.

Zelindo, improvvisamente ex povero, dà uno schiaffo alla miseria e una carezza alla nobiltà: decide che festeggiare da solo non vale e invita a pranzo 50 amici senzatetto. E impegna metà della vincita, non poco ma molto, viste le circostanze.

In fondo il destino è spesso scritto in un nome. Zelindo ha etimologia incerta, forse origini germaniche. Nella pronuncia altalenante del nome e nel gioco dei suffissi gli studiosi hanno alla fine isolato un significato: «Vittoria». Attribuita nella notte dei tempi ad antichi guerrieri. Non c’è quindi da stupirsi che il battagliero Zelindo abbia sconfitto la miseria e generosamente conquistato la nobiltà. D’animo.

Gianluigi Schiavon