IL VALZER degli imbarazzi, dei telefoni che squillavano a vuoto, dello scarica barile tra assessori, che poi si rimpallano responsabilità e competenze. Ma, soprattutto — la spinosa questione del San Silvestro reggiano ‘dimenticato’ — è il festival dell’ipocrisia e delle risposte laconiche («non c’erano soldi, dispiace… »).

Si è risolto così, questo triste primato in regione: per il secondo anno consecutivo, nella notte di Capodanno, l’amministrazione di Reggio Emilia ha ritenuto opportuno non organizzare  alcuna festa pubblica, nessun veglione in piazza, nessun brindisi, nessun maxischermo, nessuna cover-band adolescenziale su un palco di risulta. Niente di niente. 
«Non ci siamo riusciti, questioni di budget; vedrà poi chi ci sarà per i prossimi anni…  », commentavano a colpi di tosse  vicensindaco e assessore alla cultura. Mancavano i soldi, insomma. Anche solo per un complesso musicale giovanile (che magari avrebbe accettato  pure gratis e volentieri, pur di avere un po’ di visibilità). Secondo l’assessore al commercio, invece, la questione non era di sua competenza.  Strano, perché le città vicine hanno fatto a gara pur di avere animazioni fin dalla mattina e attirare visitatori e potenziali acquirenti (in tempi di crisi… )

E dire, che in fondo bastava proprio poco. Davvero poco. La fontana davanti al teatro Valli, tra l’altro, coi suoi giochi di colori e i suoi zampilli, avrebbe fatto da cornice naturale a una piazza talmente ‘sgombra’ che sembra pensata apposta per ospitare i grandi eventi. Ma niente.

E così, l’occasione, i reggiani, se la sono creata da soli. Circa trecento persone, concittadini di tutte le etnie, prima e dopo la mezzanotte hanno riempito l’enorme vuoto: quello materiale e quello organizzativo. Sono arrivati da soli, con sorrisi spalancati e pochissime pretese; bottiglie e bicchieri portati da casa, nelle sportine di plastica del supermercato. Tutti lì, felici, a battere i denti sotto cappotti, sciarponi e cappellini.

Famiglie intere fatte di uomini, donne, bambini, disabili; con le facce di diversi colori, pronte ad augurarsi che la città in cui hanno scelto di vivere (quella che vorrebbe essere un modello di integrazione) offra loro un futuro migliore. Un unico bar aperto, a quell’ora, sotto l’isolato San Rocco. Ma andava bene pure quello, per chi si fosse scordato di acquistare le bollicine e dovesse provvedere all’ultimo minuto. E poi via di petardi, botti, fontanelle, stelline e scintille di ogni tipo. Per creare un po’ di movimento; nessuno si è fatto male. E  tutti a letto.
All’alba, piazza Martiri del 7 luglio era deserta: un tappeto di rifiuti da pulire comunque (party ufficiale o no). Ma, soprattutto, era intrisa dell’amaro in bocca di chi non ha potuto permettersi il lusso di partire e andare altrove per levare i calici a San Silvestro. Chi è rimasto, magari voleva soltanto brindare alla vita nella città del Tricolore. La nostra. Che, forse, qualcosina in più se lo sarebbe anche meritato.

Ma la legislatura è in scadenza e la squadra in campo non può essere riconfermata. Nuove elezioni a fine maggio. C’è bisogno di aggiungere altro?