Nel commento all’ultima partita della stagione avevo dichiarato, in coda, che non mi sarebbe piaciuto il ritorno di Ancelotti. Non amo le minestre riscaldate, inoltre ricordo la triste fine dell’avventura del buon Carletto in rossonero. Il suo “no” ha confermato che “Tortellino” è intelligente, lungimirante e con buona memoria. Probabilmente non ha dimenticato le stilettate di Berlusconi che gli imputava il fallimento della stagione e poi, volete mettere avere la possibilità di andare in un club con budget infinito piuttosto che tornare romanticamente, con il pericolo di fallire, in un club che ti promette uno o due colpi di mercato? In fondo anche al Milan non sarebbe stato molto utile alla causa. Attenzione, non fraintendetemi. Nessuno mette in discussione il suo valore. Però abbiamo già affondato diversi “uomini Milan” (Leonardo, Seedorf e Inzaghi) e non abbiamo bisogno della sua esperienza in campo internazionale visto che il prossimo anno potremmo dedicarlo ancora una volta al cinema infrasettimanale.

Ciò premesso tra i vari nomi che giravano attorno alla panchina il mio preferito restava sempre e comunque Donadoni. Al di là dei trascorsi in rossonero, Roberto è una persona seria, preparata ed estremamente corretta. Le sue squadre hanno sempre giocato un buon calcio. A me la sua Nazionale piaceva molto. Inoltre ha un ottimo rapporto con Tassotti, perfetto trait d’union con la società. Pecca solo nell’immagine e nella dialettica, questo secondo Berlusconi o meglio a quanto si vocifera dietro le quinte.
Tolti Montella ed Emery, vincolati da clausole importanti, restavano Conte o Mihajlović. Uno juventino e l’altro interista. Ebbene, sapete cosa ne penso? Il DNA non mi interessa. Per nulla. E con lui le dichiarazioni. Stiamo parlando di professionisti. Mi sarebbero piaciuti entrambi per un motivo: il carattere. Questa società ha bisogno di rigore e di uomo forte che faccia tirare fuori gli attributi a quanti vanno in campo. Il Milan degli ultimi tre anni era diventato una sorta di circolo ricreativo dove, estinti i senatori, ognuno faceva anarchicamente quello che voleva. Benvenga quindi un sergente di ferro, uno che non guarda in faccia nessuno e con il quale chi va in campo deve dare tutto. Questa volta sul serio.

Chiudo facendo i miei migliori auguri a Inzaghi per il quale non è cambiato minimamente l’affezione e la gratitudine per quando fatto per questa maglia, nonostante l’esperimento amaro in panchina. Spero che Superpippo possa fare esperienza, nel lavoro che oggi più ama, e magari tornare un giorno a togliersi e regalarci le soddisfazioni che non ha avuto modo di ottenere quest’anno.