STAVOLTA l’amore è volato alto, forse troppo. E non per colpa dello steward e dell’hostess che il Papa ieri ha unito in matrimonio sull’aereo in transito da Santiago del Cile a Iquique. Un gesto sorprendente, inedito, quello di Francesco, che tuttavia rischia di dare fuoco alle polveri di quell’esercito crescente di detrattori che ogni giorno lo inchiodano al legno del marketing. Il vescovo di Roma che sulla loggia di San Pietro si inginocchia davanti al suo popolo durante la benedizione di inizio pontificato; lo stesso che negli spostamenti predilige le utilitarie alle berline; che pranza con i poveri sotto gli altari di basiliche e cattedrali. Fumo senza arrosto, sentenziano coloro che, dai tempi delle clamorose dimissioni di Ratzinger, si ostinano a scrutare la Chiesa con la sola, minuscola lente d’ingrandimento della ricerca del consenso.
CHI invece, con fatica e pazienza, ha dovuto attendere decenni prima di ritrovare in Bergoglio la profezia di Giovanni XXIII, un pontificato prossimo alla gente, incentrato sul primato della misericordia, mai in questi anni ha mancato di salutare con favore gli strappi al protocollo del Pontefice. Semplicemente, perché in tali gesti ha percepito la freschezza e la spontaneità di chi, anche e soprattutto alla luce di questi tratti, continua a godere di un’ampia popolarità. Per la verità, più all’esterno che dentro la Chiesa. Ma non è forse il buon pastore colui che cerca le pecore fuori dall’ovile piuttosto che blandire le altre al sicuro dentro gli steccati della fede?
PARLIAMOCI chiaro: in sé per sé il Papa, che ad alta quota sposa due assistenti di volo costretti dal terremoto a unirsi in matrimonio solo con il rito civile, strappa un sorriso. Sul piano del messaggio, demolisce all’istante la dogana dei sacramenti che, con la scusa di favorire i puri, allontana i molti. Esprime una Chiesa che guarda al cuore del singolo e accoglie senza troppi formalismi. Bergoglio davanti a sé aveva una coppia sposata da sette anni che ha generato dei figli, mica due giovani fidanzati da qualche mese.
IL LIMITE della vicenda sta nel contorno. È quello che ingenera il dubbio. Non è un mistero che il viaggio apostolico in Cile, pur nella consapevolezza delle difficoltà della trasferta, non sia andato come auspicava l’entourage vaticano. Vuoi per le chiese prese di mira dagli anarchici, vuoi per le proteste degli indios o per la rabbia delle vittime dei preti pedofili che chiedevano la rimozione del controverso vescovo di Osorno. Che cosa allora meglio di un matrimonio in volo avrebbe potuto deviare la burrasca e riportare la navigazione sotto un sole rassicurante? Fuor di metafora, se è vero che il culto dell’immagine gode di adepti in ogni dove, l’impressione è che l’enfasi sia stata eccessiva. Dall’atto di matrimonio scritto a penna, alla foto del momento esatto in cui Bergoglio benedice i nubendi. Complice la compagnia aerea Latam, rappresentata sul volo dal presidente in persona, tutto troppo pronto per i redattori affamati a migliaia di chilometri di distanza.
UN QUADRETTO lontano anni luce dall’immagine successiva, scarna, genuina e imprevista, di Francesco che ferma la papamobile per scendere e soccorrere una poliziotta caduta da cavallo davanti ai suoi occhi. Quello di Bergoglio è in fondo un pontificato che nella spontaneità trova una delle sue forze intrinseche. Accentuarla non aggiunge nulla. Rischia semmai di togliere credibilità a un magistero che ha già troppi oppositori.
Giovanni Panettiere
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