Un magistrato può sbagliare: oso dire, ha il diritto di sbagliare (se lo fa in buona fede e sicuramente 999 volte su 1000 lo fa in buona fede). Detto questo, però, aggiungo una cosa: se un magistrato sbaglia troppo, non facciamogli fare carriera.  Ecco, vorrei che i signori magistrati che nel 2008 a Ferrara si occuparono della vicenda che andrò a raccontare, non facciano troppa carriera. Hanno messo in galera per un mese tre ragazzi, incensurati, tranquilli, accusati di aver stuprato una ragazza, in momenti diversi della giornata, mentre il fidanzato della ragazza stessa dormiva. La storia scricchiolava sin dal primo momento eppure la giustizia, anche con effetti speciali, volò nella notte ad arrestare i presunti orchi. Questi presunti orchi (verdetto definitivo) non erano affatto orchi: sono stati assolti perchè il fatto non sussiste. Però hanno fatto 26 giorni di carcere, hanno conosciuto la gogna e la vergogna e proprio ieri hanno ottenuto 12mila euro a testa di risarcimento per ingiusta detenzione. Una miseria, a mio avviso. Qui di seguito leggete l’intervista che sul Carlino di oggi l’ottimo Nicola Bianchi ha fatto a uno dei tre ragazzi finiti ingiustamente dietro le sbarre. Io finisco ripartendo dall’inizio:  quei magistrati che hanno sbagliato in maniera così grossolana, non devono fare carriera. Lo ripeto, perchè in Italia purtroppo nella magistratura (in nome della parola-barzelletta indipendenza) si va avanti per scatti d’anzianità e non per meritocrazia.

Ps. Se poi i magistrati di Ferrara, volessero alzare il telefono, chiamare i tre ragazzi e scusarsi con loro, beh, sarebbe un bel gesto, una volta tanto.

L’INTERVISTA   (di Nicola Bianchi)
LA COSA più brutta in quei 26 giorni di carcere? L’essere privato della libertà, il non poter varcare una porta, il divieto di incontrare parenti e amici». Parla a voce bassa A., all’anagrafe 27 anni ma addosso, «da quell’esperienza, almeno 10 di più».
Oggi come sta?
«Bene, diciamo. È finito il calvario anche se mai riusciremo a dimenticare. Un calvario che ci ha insegnato molte cose».
Ad esempio?
«Fare attenzione a chi si frequenta. Anche a chi reputi amici».
Torniamo al 2008. In che rapporti eravate con la ragazza che poi vi ha denunciato e con il suo fidanzato?
«Un gruppo affiatato di amici che decisero di trascorrere una vacanza ai lidi ferraresi e di prendere un appartamento insieme. Come oggi succede alla maggior parte delle comitive».
Quando l’allora sedicenne vi ha accusato?
«Dopo tre mesi».
In tutta questa vicenda, qual è stata la cosa che l’ha ferita di più?
«I pubblici ministeri, le loro accuse. E l’occasione mediatica per finire in prima, seconda e terza pagina. Noi, carnefici senza un motivo, per il sistema eravamo tre bestie. Poi in una città come Ferrara, realtà tranquilla, il fatto fece ancora più scalpore».
Ventisei giorni all’Arginone. Ce li descriva?
«Pensi ad un ventenne che, da un momento all’altro, viene sottratto alla propria vita fatta di casa, lavoro, amici e fidanzata, buttato in cella come il peggiore dei delinquenti. Arrestato nel cuore della notte come Totò Riina».
Avete avuto ripercussioni sul lavoro?
«Per fortuna no. I nostri titolari ci conoscevano bene, ci hanno aiutati standoci vicino e credendo nella nostra innocenza. Sono stati proprio loro i primi a schierarsi dalla nostra parte».
Si parla tanto del caso Yara e del presunto assassino, Giuseppe Bossetti, il quale dal carcere si professa innocente. Cosa ha pensato?
«Finché non vi sarà prova al 100% che sia stato lui, serve cautela. Basta sbattere il mostro in prima pagina. E qualora fosse innocente? A noi è accaduto».
Con questo risarcimento, giustizia è stata fatta nei vostri confronti?
«La legge prevede che giustizia è stata fatta in questo modo. Ma questi 12mila euro rappresentano una briciola e le nostre famiglie stanno continuando a fare enormi sacrifici per pagare tutte le spese di questo enorme dramma».