Qualche giorno fa, a Bologna, seimila persone (perlopiù ragazzini in delirio) hanno salutato l’arrivo dei ‘Braccialetti rossi‘, cioè i giovani protagonisti della fiction Rai che sta spopolando da un paio d’anni.
Seimila persone sono tante, una marea e il fenomeno, che si ripete in tutta Italia, non deve essere sottovalutato e va analizzato. Con grande attenzione. Anche perchè _ e questa è una premessa _ non è che Lorenzo e compagnia bella fossero a Bologna per fare uno show musicale, canoro, calcistico o di non so cosa. No, erano lì con la loro ‘carne’ e ditemi voi dov’è che si riuniscono seimila persone senza che ci sia un vero evento (di spettacolo, di sport, in qualche caso di politica). L’evento erano questi ragazzini-attori, che sul set interpretano la parte dei malati con un’inguaribile voglia di vivere. A volte si salvano, altre no.
Da tempo i soloni, con un po’ di puzza sotto il naso, ci dicono che questa serie tivù è robetta da spazzatura. Sarà, tanto di cappello agli esperti; io posso dirvi che li ho visti un paio di volte I braccialetti rossi e mi sono piaciuti. E piacciono a milioni di italiani: sarà una tivù generalista e nazionalpopolare, ma è sicuramente un qualcosa che ha colpito nel segno come mai era accaduto negli ultimi anni. E più che fare gli schizzinosi, dovremmo un po’ tutti accettare questa realtà: accettarla, studiarla.
Poi in questo paese abbiamo un brutto vizio: se un’opera (letteraria, culturale, cinematografica, televisiva) non profuma un po’ di radical chic, è mezza spazzatura. Roba di serie B. Materia per il popolo bue.
Ma torniamo ai Braccialetti Rossi. Ho una sensazione, per quel che ho visto e captato: oltre che prendere il cuore, il sentimento e magari le lacrime di tanti di noi, questa serie rappresenta in qualche modo il sogno dell’uomo degli anni Duemila quando si parla di sanità. Cioè: in Braccialetti Rossi i ragazzini vivono, soffrono, si ammalano, guariscono, muoiono. Non ci sono miracoli. La vita va avanti per la sua misteriosa strada. Però c’è tanta umanità, c’è un guardarsi negli occhi e nel cuore _ vero, profondo _ fra i medici che si immedesimano con questi ragazzi malandati e fra questi stessi ragazzi. L’alleanza perfetta _ terapeutica e umano _ fra malato e dottore. Quello che oggi a noi persone vere (e non figli di storie ovviamente virtuali come quelle di un film) manca, perchè nove volte su dieci ci troviamo davanti una sanità che non è una persona, ma un meccanismo, un computer, una bucrocrazia, un sistema.
In Braccialetti Rossi no. Poi anche lì si muore comunque e qualche volta ci si salva, però almeno sembra tutto più ‘vero’. Ed ‘ buffo, me ne accorgo mentre lo scrivo _ che sembra più ‘vero’ un film della vita quotidiana.