Matteo Salvini, in corsa per la segreteria della Lega Nord, lancia il No Day Euro e riparte da Umberto Bossi, per sancire una futura, sperata unità del movimento. Al convegno organizzato all’hotel Cavalieri inizia infatti con una citazione del senatur del 1998: “Le leggi si ridurranno a un fax inviato da Bruxelles. L’europa è un mostro, ci costerà cara”. Parole più che profetiche, per il giovane segretario lombardo del Carroccio che ora, forte dell’appoggio incondizionato di Roberto Maroni, viaggia veloce verso lo scranno più alto. Per la campagna elettorale interna, e non solo, Salvini, pur essendo europarlamentare, ha scelto lo slogan “No euro”. «Ricandidarmi alle prossime europee? Se è per ridiscutere tutto ci sono, per mettere una pezza no”. In realtà anche i docenti invitati a teorizzare e intellettualizzare quella che, nei militanti della Lega, è una rivolta di popolo, affermano di essere europeisti. Si tratta di esserlo in modo diverso. Per il professor Antonio M.Rinaldi dell’università D’Annunzio di Pescara si può uscire dall’euro restando in Europa. La proposta: tornare a una nostra moneta, «che si chiami lira o ducato o fiorino» con un rapporto uno a uno. In sostanza chi guadagna mille euro al mese potrebbe incassare mille lire e avere un potere d’acquisto superiore a quello che ha oggi. Impossibile? No anche secondo l’economista Claudio Borghi Aquilini, docente della Cattolica: lo scacco all’euro in sei mosse prevede anche il rilancio della produzione nazionale, aumento dei posti di lavoro, dei consumi di mercato interno e la fine della crisi.
Ci crede Salvini: «Gli unici veri europeisti siamo noi — dice — se in Lombardia hanno chiuso sessantamila negozi vuol dire che siamo in guerra, e l’euro ha fatto strage di stipendi e operai più della seconda guerra mondiale».
La nota politica. I responsabili, per Salvini, sono «i Prodi e i Berlusconi». Letta e Alfano? «Esecutori». A conferma che la Lega Nord guarda a nuove, moderate alleanze, almeno in Lombardia.