L’avevano dato per spacciato,
sottovalutando la statura
dell’uomo e il fatto che l’abilità
politica nata e cresciuta in altri,
ben più solidi anni, può far crollare
scenari che sembravano
immutabili. Roberto Formigoni,
costretto a lasciare ingloriosamente
la poltrona di governatore
di Regione Lombardia
alla Lega Nord (cattivo gioco
cui ancora oggi non riesce a fare
buon viso) è approdato al Senato
lo scorso marzo. Attaccato
dai profeti di sventura, che
lo vedevano già sepolto dal clamore
degli scandali giudiziari
piovuti sui suoi quattro mandati alla
guida della Lombardia, mollato
anche da una parte di Cl che per la
prima volta non gli concede il palco
al meeting di Rimini, sta in silenzio
per un po’.Ma come riportato
in una trasmissione tv (mai
smentita) era proprio il giovane democristiano
Formigoni ad andare
ad Arcore, quando il Cavaliere ancora
era tale, a fare lezione di politica
a lui e ai membri della nascente
Forza Italia. Potenza e intelligenza
della vecchia Dc, abituata a risorgere.
Così quando i nodi delle
larghe intese vengono al pettine, e
Silvio Berlusconi minaccia di far
cadere il governo Letta, è proprio
Formigoni che, abituato a far di
conto, dimostra al Cavaliere, ormai
troppo lontano dal Ppe e dai
progetti centristi delle colombe pidielline,
che i numeri per far cadere
Letta non ci sono. «Né ‘colombe’,
né ‘ala filogovernativa’ del
Pdl. Chiamateci innovatori» dice
il Celeste, perfettamente a suo agio
e di nuovo in prima pagina nella
sua nuova veste di angelo custode
di Angelino Alfano. Tanto da twittare,
nel clou dello scontro interno
fra Pdl e rinascente Fi: “Continua
a aumentare numero di parlamentari,
consiglieri regionali,
membri del consiglio nazionale
del Pdl che stanno sulle nostre posizioni”.