MENTRE il governo tecnico lavora, i partiti si riorganizzano. Alcuni si trasformano, come il Pdl. Nel Popolo della libertà si litiga (al coordinamento regionale prenatalizio lombardo si è giunti quasi allo scontro fisico) ma c’è chi costruisce. E se il segretario designato da Berlusconi, Angelino Alfano, lavora soprattutto al centro-Sud, al Nord c’è il governatore lombardo Roberto Formigoni che pensa al dopo-Monti.
Presidente, mille correnti.
Ma il Pdl si sta spaccando?
«Non esageriamo, parliamo piuttosto del successo del tesseramento: un milione e duecentomila iscritti in Italia. Certo ora bisogna dare alla gente che si è iscritta la possibilità di scegliere i leader con una grande operazione democratica che parte dal basso. Ci dev’essere un grande bagno di democrazia. Il Pdl cambia la sua natura. Da partito che contava solo su un leader carismatico ed eleggeva i coordinatori dall’alto a popolo che elegge dal basso i responsabili».
Il Pdl del Nord, che tanti temono, è una possibilità?
«Io voglio un Pdl in cui i territori contino moltissimo. È chiaro che c’è una questione settentrionale e che il partito nazionale dovrà farsene carico e risolverla. Credo non sia un’eresia pensare a una struttura del Pdl più federalista. Penso a un partito che prende voti al Sud e al Nord ma con delle autonomie regionali nella sua stessa struttura, e che stabilisca in alcuni punti l’autonomia dei territori».
Alfano è d’accordo?
«Gliel’ho accennato e l’ho trovato concorde. Comunque su questo ci confronteremo al congresso nazionale che ci sarà a giugno o luglio».
A proposito, ai congressi si arriverà con candidature condivise o si andrà alla conta?
«Non parlerei di conta, non è una sfida all’Ok Corral. Se c’è un candidato che riesce a trarre una sintesi unitaria bene, altrimenti saranno due e chi prevale farà il coordinatore, ma si avvarrà sempre del contributo di chi ha portato idee importanti ma non ha avuto la maggioranza. Confronto quindi, e alla fine, comunque vada, i due candidati si abbraccino».
Scenario idilliaco. Ma come fa a non spaccarsi un partito in cui c’è il sindaco di Roma Alemanno che dice che bisogna liberarsi della Lega e il presidente della Regione Lombardia Formigoni che sostiene che bisogna recuperare la Lega?
«Con tutto il rispetto per Alemanno la scelta di fare di tutto per recuperare la Lega è una scelta prevalente nel Pdl. La mia idea che sento assolutamente maggioritaria nel Pdl lombardo è recuperare sia l’Udc sia la Lega Nord. Dopotutto abbiamo governato insieme dal 2001 al 2006 in diverse regioni e comuni. La nostra scommessa politica è riproporre un centrodestra casa di tutti i moderati, che sappiamo essere la soluzione vincente per un popolo come quello italiano che è di moderati. Il dovere di noi politici è mettere insieme una coalizione che possa vincere, e dal Nord lavoreremo per mettere insieme gli uni e gli altri».
Vincere alle elezioni
del 2013 o prima?
«Io spero nel 2013, andare prima significherebbe il fallimento di questa fase politica e non possiamo permettercelo. Certo il governo Monti deve agire, portare avanti anche una riforma dell’Unione Europea. L’Italia deve tornare ad alzare la voce».
Un po’ deluso di quanto Monti ha fatto finora?
«Deluso no, ma questo governo deve avere più determinazione e più equità, va stimolato. La manovra non ha accontentato nessuno, è stata al tempo stesso troppo punitiva e poco coraggiosa. Punitiva perché picchia sui ceti medi e popolari, poco coraggiosa perché sul piano delle liberalizzazioni doveva fare molto di più».
Il Pdl comunque cambierà nome?
«Sì abbiamo deciso di cambiarlo per tanti motivi, il nome stesso potrebbe essere a rischio (il contenzioso con Fini, ndr.), e poi non trasmette un’emozione. Lo sceglieremo al congresso».