MILANO, ancora una volta, laboratorio politico. Nel capoluogo lombardo è nata la rivoluzione arancione, e sempre sotto la Madonnina nasce la prima grande manifestazione contro il governo Monti che vedrà anche la riappacificazione dei due leader: Umberto Bossi e Roberto Maroni. Una Pontida meneghina, quella di domenica prossima. Cinquantamila (tanti sono attesi) lumbard, e non solo, in marcia per l’agognata secessione. Ed è sempre in terra lombarda che è nata la rivolta contro il Bossi censore che ha costretto il senatur a fare marcia indietro e sanare la rottura con l’ex ministro dell’Interno. Prima Milano infatti, poi Varese e a stretto giro di sezione tutta la regione, era insorta dopo il diktat di venerdì sera che voleva proibire le piazze a colui che una volta era il prediletto del capo. Troppo amato. Dalla base e anche dagli altri partiti. Pericoloso. Ma più pericoloso spaccare il movimento. Una frattura netta, quella che si stava delineando ieri. Insanabile.
Tutta colpa del cerchio magico, pensa chiunque abbia una tessera della Lega Nord in tasca.
E in effetti l’unica colpa di Umberto Bossi è probabilmente quella di voler a tutti i costi, e con forze che non ha più, salvare i suoi, il quotidiano La Padania e un trono che, ormai è chiaro, non potrà lasciare in via ereditaria al figlio Renzo. La prova del nove, per vedere se le tensioni nella grande famiglia padana sono tutte risolte, al corteo di domenica prossima.