ASTE che vanno deserte, splendidi palazzi pubblici che nessuno vuole acquistare. Difficilissima la situazione del settore immobiliare. Ma Assoedilizia da tempo propone la formula magica. «È una formula nuova certo» assicura il presidente Achille Colombo Clerici «ma particolarmente interessante».
Qual’è questa formula?
«Oggi nel nostro Paese viene fatta la dismissione del patrimonio pubblico attraverso il trasferimento materiale del bene. Noi invece proponiamo di procedere con una forma di finanziarizzazione del patrimonio pubblico, ossia costituendo dei titoli rappresentativi di tutti i beni pubblici che si vogliono dismettere. Questi titoli possono rappresentare anche beni senza redditività, ad esempio immobili non affittati o non utilizzati per fini istituzionali. È chiaro che nessuno li compera. Ma se si vende questo bene con un valore che tenga conto della mancanza di redditività, l’acquisto può essere remunerativo».
Non c’è un rischio speculazione?
«Assolutamente no, perché i titoli non andiamo a offrirli a singoli soggetti privilegiati ma al mercato del risparmio diffuso. Tutti possono sottoscriverli, chi 5mila euro chi 5 milioni. Si crea un mercato parallelo. È chiaro che tutti i beni conferiti devono essere rivalutati nel tempo. Certo non è una cosa che si può fare in quattro e quattr’otto».
Il rischio ora è che gran parte degli immobili resti invenduta.
«Per forza. Oppure oggi si deve vendere a un prezzo talmente vile che allora sì, si ingenera il rischio speculazione. I titoli dei fondi invece, quelli sì si potrebbero vendere anche a metà prezzo, perché comunque la gestione del bene sarebbe sempre sotto il controllo dello Stato ma arriverebbee un beneficio ai risparmiatori diffusi».
Quanto pesa sulla crisi immobiliare l’effetto tasse?
«Pesano molto non solo le imposte ma anche le prospettive. È stata varata una riforma catastale che non produrrà effetti di gettito per anni, chissà quando andrà a regime, ma ha avuto un effetto devastante sul piano psicologico perché si è innestata su un sistema fiscale iniquo».
Però a Milano si continua a costruire.
«In realtà no, si costruisce quello che era stato impostato prima che scoppiasse il putiferio. E comunque chi è dentro soffre tremendamente in questo momento. Di investimenti ex novo oggi se ne fanno pochissimi».