HO SAPUTO in ritardo che a Genova, qualche settimana fa, è scomparso il mio amico Giovanni Battista Ansaldo da noi tutti chiamato “Baciccia”. Era il discendente del fondatore dell’industria genovese e, in particolare, il figlio dello scrittore e giornalista Giovanni che, assieme a Leo Longanesi, Giuseppe Prezzolini ed Indro Montanelli, è stato uno dei grandi del Novecento. L’ultimo degli Ansaldo aveva lavorato per anni nel mondo degli uffici-stampa: si occupava di siderurgia, ma ha, soprattutto, dedicato la sua esistenza alla memoria del padre che ebbe una vita professionale travagliata: amico dei Ciano (guidò a lungo il “Telegrafo” di Livorno), dopo il 25 luglio del ‘43 Ansaldo senior venne, infatti, accusato di essere un fiancheggiatore del fascismo e finì al confino, a Lipari. In realtà Giovanni, così come il romagnolo Longanesi, non scelse mai di stare da una parte politica perché il suo unico partito è stato quello dell’intelligenza. “Baciccia” ha fatto in modo che tutti noi lo comprendessimo. Come ha scritto un altro amico di Giovanni Battista, Giuseppe Marcenaro «la dedizione di un figlio riportò a ciò che si definisce “l’onore del mondo”, il talento di Giovanni…». Marcenaro ha parlato anche di un’affettuosa osmosi tra Ansaldo senior e junior. Ha perfettamente ragione: Giovanni Battista è stato il figlio che tutti i padri vorrebbero.
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