I NOSTRI vicini ci spiano guardandoci con diffidenza mista ad alterigia: i francesi non ci amano perché siamo stati troppo tiepidi dopo gli attentati di Parigi, i tedeschi non ci hanno mai davvero apprezzato, gli austriaci chiudono le frontiere per paura che il Brennero sia inondato di migranti. Last but not least, il presidente Obama punta il dito contro Roma perché siamo ondivaghi e recalcitranti nell’assumere le redini della guerra santa alla Libia. Se è vero che abbiamo tanti difetti, cosa abbiamo, però, mai ottenuto in cambio della nostra lealtà da questi supposti amici? Possiamo, quindi, condividere la posizione del premier Renzi che è giustamente contrario a prendere di petto la situazione e a sferrare l’attacco decisivo a Tripoli. In simili frangenti, è opportuno temporeggiare, tanto più che, pur non avendo forzato la situazione, dobbiamo, comunque, piangere due connazionali mentre gli altri due ostaggi, a distanza di poche ore dalla morte dei primi, sono salvi per miracolo.

LA VERITÀ, la triste verità, è che siamo stati proni per troppo tempo ai “desiderata” dei nostri alleati senza incassare mai niente sia dal punto di vista politico che sul fronte economico. Basta pensare solo alla questione degli sbarchi dei profughi nordafricani sulle coste italiane: per anni Bruxelles ha ignorato ogni allarme considerando l’emergenza-immigrati un problema solo nostro. E che dire, poi, della durezza espressa, in ogni occasione, nei confronti degli italiani dagli uomini grigi di Bruxelles, mai paghi dei nostri sacrifici? Tutti, poi, ricordiamo quando la Francia di Sarkozy lanciò la crociata contro il colonnello Gheddafi. Nonostante i nostri interessi economici e il legame che l’allora premier Berlusconi era riuscito a creare con il raìs, siamo stati costretti ad accodarci ai nostri partner, nell’interesse superiore della vera “democrazia” che è sempre la formula migliore per giustificare meno presentabili tornaconti economici. A distanza di pochi anni, la situazione non solo non è migliorata, ma, anzi, si è aggrovigliata in maniera esponenziale, con la Libia trasformata in una specie di calamita per i terroristi islamici in cerca di martirio.

NON CONTENTI di avere sbagliato tutte le previsioni, oggi i presunti “cugini” al di qua e al di là dell’Atlantico vorrebbero, dunque, rifilarci la patata bollente: toccherebbe a noi prendere in pugno la situazione e assumere il comando delle operazioni. Nonostante la stragrande maggioranza degli italiani sia contraria ad un intervento, vista la confusione che regna sovrana non solo sulle coste africane, ma anche ai piani alti dei nostri sfuggenti alleati. Se gli unici attacchi libici contro di noi furono i “botti” ai tempi dell’avvocato Agnelli, quando Gheddafi entrò nel capitale della Fiat, oggi i rischi di attentati dei kamikaze dell’Isis non sono affatto campati in aria. Prima di mandare i cosiddetti amici allo sbaraglio, le teste d’uovo della Stanza Ovale dovrebbero riflettere meglio sulle possibili conseguenze.
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